Oggi sono
uscito da casa nella tarda mattinata, quasi contrariamente alle mie abitudini,
e nonostante fossi stato in piedi tutta la notte per lavorare nel solito
albergo come portiere di notte, adesso mi sentivo bene, pressappoco in perfetta
forma. Volevo fare degli acquisti di varia natura, e per questo motivo mi sono
infilato subito nel grande mercato rionale coperto, alla ricerca di quanto mi
serviva. Ho scorso lungo i molti banchi disposti in perfetta fila, ed ho
apprezzato i mille colori delle merci esposte, soprattutto quelli della frutta
e degli ortaggi. Poi mi sono accorto, con la coda degli occhi, che c’era un
ragazzo che mi seguiva, e quando mi sono voltato per guardarlo meglio, mi sono reso
conto che era la mia solita ombra, io stesso, cioè quello che ero io quasi
quarant’anni fa. Mi sono fermato per osservarlo, e lui mi ha osservato
scrupolosamente da una distanza di diversi metri, restando fermo anche lui, ma
con un’espressione sopra la faccia uguale a quella di colui che adesso non si
sta affatto divertendo, continuando ad inseguire, per così dire, il proprio
futuro. <<Paolo>>, gli ho detto allora; <<Credevo ti facessi
vedere soltanto nel caso in cui fossi da solo; ma qui siamo in mezzo ad un
sacco di gente, che cosa cerchi di fare, di dimostrare che sei vivo, che sei in
carne ed ossa, che hai la capacità di camuffarti da persona, anche se sappiamo
bene noi due che sono soltanto le mie memorie che riescono a farti
manifestare?>>. Come sempre lui ha alzato le spalle guardando qualcosa
vicino a sé, poi ha atteso che io riprendessi a muovermi tra i banchi per sfilarmi
dietro di nuovo. Quando sono tornato a voltarmi, comunque, era già sparito,
anche se qualche cliente del mercato mi stava osservando, avendo notato il mio
parlare da solo.
Mi sono
fatto riempire dai negozianti un paio di buste di verdure appetitose, ho pagato
quanto dovuto, poi ho ripreso la via verso casa, sicuro che non sarei rimasto a
lungo da solo. Già salendo le scale condominiali per giungere al mio piccolo
appartamento, lui era là, dietro di me, con la sua solita indifferenza. Poi ho
aperto l’uscio ed ho lasciato che Paolo entrasse con me, senza trovare niente
da dirgli. <<Ti sei ridotto piuttosto male>>, ha fatto lui dopo un
po’; <<Mi pare che tu non sia riuscito a fare molta strada, nonostante lo
sgomitare incessante>>. Con calma ho iniziato a sistemare gli acquisti,
senza guardarlo, poi ho subito messo sul fuoco qualcosa, ed infine ho replicato
sottovoce che la colpa di tutto questo era soltanto la sua, con quei suoi modi
da ragazzo solitario, incapace di stare con gli altri e di chiedere anche una
minima cosa a chi lo aveva avuto vicino nei suoi anni di ragazzo.
<<Forse>>, fa poi lui senza accusare il colpo; <<In ogni caso
io ho sempre manifestato una mia personalità, senza mai arrivare a dei
compromessi con gli altri. Credo sia un valore essere capaci di questo, e tu
oggi dovresti esserne orgoglioso, piuttosto che cercare delle responsabilità
nel tuo passato>>. Annuisco, tanto su questo tema non avrò mai la
possibilità di avere una sua approvazione.
Mi muovo per la cucina cercando
il coperchio per una pentola, e mi accorgo che lui è già andato via. Sono
convinto che non riuscirò mai a liberarmi di questa sua presenza, e soprattutto
di questa sua continua insistenza nell’infondere in me il senso di colpa che io
vorrei almeno condividere in parti uguali insieme a questo ragazzo. È come se
lui mi spingesse ad accollarmi tutte le responsabilità possibili, laddove io da
tempo mi sono ormai rassegnato a vivere delle giornate normali, senza aspirare
a niente di particolare, accontentandomi semplicemente di quello che ho. Perciò
me la prendo con lui, con i suoi strani desideri di riscatto, quasi avesse
bisogno di venire a istigare dentro di me la possibilità di una vendetta nei
confronti di tutto quello che lui ha dovuto accettare e subire a testa bassa,
nei suoi anni lontani da ragazzo sbandato quale era. Secondo lui, dovrei
sentirmi irritato da tutto ciò che sta adesso intorno a me, e non dovrei in
nessun caso accettare tutto ciò senza almeno un moto di ribellione, subendo
quel che mi è toccato di portare avanti. Non lo so, forse una parte di me
prosegue adesso a dargli ragione, ma nel complesso non credo sia il caso di
inacidirsi troppo se le cose sono andate in una certa maniera.
Mi trovo a riflettere, qualche
volta, a quello che avrei potuto tentare di fare qualche anno addietro, quando
tutto era ancora possibile; ma non si può certo vivere di rimpianti, e se in
questo momento non trovo più l’entusiasmo per affrontare delle nuove avventure
ed intraprendere dei diversi percorsi di vita, mi pare tutto estremamente
normale. Ma questo ragazzo non si accontenta che io sia così, e forse è
possibile che dentro alla sua testa prosegua come a ribollire qualcosa,
qualcosa che sta ben radicato tra i suoi pensieri, e credo che lui non abbia
mai riferito a nessuno.
Bruno Magnolfi
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