lunedì 29 aprile 2024

Nient'altro da dire.


            Questa ragazzina, in uno dei giorni iniziali della scuola, proprio nel momento in cui ambedue abbiamo cominciato a frequentare la stessa classe di prima media, mi spiega ad un tratto con semplicità che a lei generalmente non interessano i maschi, perché le basta avere un paio di buone amiche con le quali uscire qualche volta a passeggio lungo il corso del paese, nei pomeriggi vuoti, e poi basta. Annuisco, senza sorridere, perché in fondo mi pare un comportamento normale. Fare i solitari, secondo me, è un modo di essere spontaneo e naturale, che peraltro conosco molto bene, ed anche se in questo momento non ho alcuna voglia di spiegare qualcosa di me e dei miei convincimenti, riconosco che questa mia compagna di classe ha dei comportamenti piuttosto simili a quelli che tengo io. La guardo per un attimo, però, e subito mi pare che quella somiglianza appena intravista, quella similitudine di cui ho avuto sentore, in realtà sia soltanto una sciocchezza transitata per appena un momento davanti ai miei occhi, un’invenzione della mia mente che, pensandoci meglio, non ha alcuna ragion d’essere. Lei sembra non dare a me troppa importanza, forse anche per tener fede ai convincimenti che ha appena espresso, però io mi sento sicuro nei suoi confronti, come se fossi pienamente cosciente di un’attrazione dei miei modi nei suoi confronti.

            Lascio comunque che si rivolga ad altri nella pausa tra l’ora di lezione e la successiva, e vedo che lei ruota gli occhi ogni tanto come per comprendere meglio il motivo per cui non mi interesso ai suoi discorsi, ai suoi pensieri, alle confidenze che mi ha appena espresso. Sono sicuro che la mia indifferenza, peraltro assolutamente non forzata da me, operi come una specie di magnetismo nei suoi confronti: sono convinto che prima o dopo, con una scusa qualsiasi, lei si accosterà di nuovo a me per chiedermi qualcosa, ma anche se non avesse proprio la volontà di fare questo sforzo, per me probabilmente sarebbe esattamente la stessa cosa. <<Mi pare che anche a te non interessano troppo gli altri compagni>>, mi dice ad un certo punto sorridendo leggermente di quanto sta dicendo, ed io alzo le spalle come a mostrare che sono fatto così, quasi indifferente a tutti quelli che mi circondano, un solitario, come qualcuno ha già avuto voglia di appellarmi davanti a tutti. La conversazione tra noi due sembra cadere continuamente, come se non trovassimo dei veri argomenti di cui parlare, e questa ragazza, probabilmente, penso che stia cercando dentro di sé tutte le maniere possibili per mostrarsi il più possibile intelligente e sensibile ai miei occhi. Adesso non la guardo neppure, eppure sento perfettamente che lei prova in questo stesso momento il forte desiderio che io almeno le parli, che le dica qualcosa di me, che le spieghi il mio carattere, la mia personalità, il mio modo di rapportarmi con gli altri, anche se a me proprio non interessa esprimere qualcosa del genere.

            <<I pomeriggi li trascorro da solo>>, dico alla fine per non apparire del tutto maleducato, ma in quel momento entra in aula l’insegnante, e quindi tutti quanti riprendono il proprio posto, sospendendo qualsiasi conversazione. Al termine della mattinata, mentre io e i miei compagni stiamo già uscendo lungo il corridoio della scuola, questa ragazza trova la maniera per ritrovarsi proprio vicino a me, mentre camminiamo tutti assieme verso il portone, e poi mi spara qualcosa all’improvviso di cui è sicura non può rimanere come lettera morta: <<Sei strano>>, mi dice; <<sembra quasi che niente ti possa scalfire, neppure un’offesa>>. Le sorrido, in fondo penso che potremmo scambiare tra noi molti pensieri, anche se prima ognuno di noi due deve provare la sensazione di sentirsi sicuro dell’altro. <<Non lo so>>, dico io, <<sono fatto così. Forse tutto dipende anche dal fatto che non ho mai avuto fino ad oggi un vero amico>>, ma subito mi mordo le labbra per aver stupidamente detto qualcosa di cui in seguito potrei facilmente pentirmi. Poi noi due rallentiamo il passo, ed alla fine ci ritroviamo in fondo alla fila di tutti i nostri compagni, e giunti alla luce del giorno, appena fuori finalmente dal portone scolastico, ci guardiamo un momento, e a me sembra che in quello sguardo riusciamo a scambiarci molto più di qualsiasi frase espressa.

            <<Certe volte di pomeriggio arrivo fino alla sponda del fiume, al ponte di pietra>>, le dico sottovoce, come per darle un riferimento, indicarle qualcosa che a me piace fare, e che forse potremo intraprendere insieme, qualche volta, se a lei facesse piacere. Invece non dice niente, forse mi ha già portato al punto che desiderava, rifletto, e adesso può mettermi insieme a tutti gli altri ragazzi di cui non si fida, anche tra quelli che forse detesta, che dicono sempre le medesime cose, che sono monotoni, incapaci persino di essere veri. <<Può darsi che qualche volta di pomeriggio possa fare anch’io quella passeggiata>>, dice invece dopo un attimo, senza concedersi troppo, e poi volta la faccia e se ne va, come se non ci fosse proprio altro da dire.

 

            Bruno Magnolfi    

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