Non mi
interessa tenere un comportamento sempre adeguato alla mia età ma che allo
stesso tempo tenga conto della mia naturale crescita nei prossimi anni. Sono un
bambino di quarta elementare, purtroppo senza un vero amico con cui scambiare
qualche parola, e spesse volte mi trovo da solo, ad esempio durante il sabato e
la domenica, quando mia madre insiste affinché io esca il più possibile da
casa, anche se molte volte non so neppure dove andare. Gli altri compagni mi
scansano durante il resto della settimana, dicono che sono uno di cui non ci si
può mai fidare, anche se non credo sia vero. Ma a me non interessa, vadano pure
a ritrovarsi nei soliti vari gruppetti per giocare con la palla, scambiare le
figurine, o per parlare sottovoce seduti sui gradini di qualche casamento.
Preferisco non avere nessuno intorno a me, piuttosto che dover adeguare il mio
comportamento ai loro modi. Qualche volta comunque ho riflettuto su come
saranno le giornate per me tra dieci oppure vent’anni. Probabilmente dovrò
scoprire prima o dopo qualcosa che mi interessa per davvero, una vera passione
insomma, e a quel punto saprò perfettamente come comportarmi, e intorno a che
cosa impegnarmi a fondo, anche se per adesso è tutto un’immensa nebulosa.
Poi giunge la zia a farci una
visita, e siccome mio padre non c’è perché sta in giro chissà dove con il suo
autocarro, lei mi prende per mano e mi porta a fare un giro per il paese, noi
due soli. Mi fa molte domande, sembra quasi che non abbia mai conosciuto prima
un bambino come me, nonostante lei viva in una città grande, tanto che io, dopo
le prime risposte, inizio già ad essere stufo di tutto questo parlare. Forse la
zia si accorge che sta davvero esagerando e allora adotta un’altra tattica, ed
inizia a correre per gioco, magari per vedere se anche io ne ho voglia. Dopo
poco arriviamo in via delle matite, ed io le indico la mia scuola, anche se lei
la conosceva già. <<Di pomeriggio è chiusa>>, le spiego,
<<però a me piace qualche volta venire qui anche se non c’è
nessuno>>. Lei mi lascia parlare adesso, ed io pur di non sentirla ancora
tirare fuori le sue domande insopportabili, preferisco dirle delle cose
sciocche ed evidenti, che non hanno mai fatto male a nessuno. La zia mi ascolta,
sembra interessata ai miei argomenti, poi mi fa la domanda che già mi
aspettavo: <<ma tu ci vai volentieri a scuola?>>, dice, come se
fosse qualcosa mai sentito prima.
Le sorrido, mi sento indeciso se
dirle tutta la verità, oppure ripiegare su qualcosa che la rassicuri e chiuda
rapidamente l’argomento. Alla fine, alzo le spalle e guardo qualcosa per terra,
che nel mio vocabolario significa che vado a scuola perché semplicemente è il
mio dovere, ma fosse per me potrei assolutamente farne a meno, soprattutto per
non incontrare come ogni mattina i miei compagni di classe, tutti
insopportabili. La zia mi guarda, prende tempo, riflette qualcosa, senza ancora
dire niente, ma alla fine, invece di farmi una nuova domanda, tira fuori quella
che forse crede sia la sua carta vincente: <<Dovresti iniziare a suonare
uno strumento musicale>>, mi fa, come se fosse una cosa semplice e priva
di problemi. Accantono immediatamente l’idea, scuotendo la testa, però sento che
qualcosa nella mia mente si è come smosso, quasi che fino ad adesso una cosa
del genere fosse talmente irraggiungibile da non doverla prendere neppure in
considerazione, ma adesso che ho ascoltato queste parole con le mie orecchie,
forse significa che sono più vicino a cogliere davvero un’opportunità del
genere. Parliamo subito d’altro, ma dopo un’altra lunga pausa di silenzio, tiro
fuori anche io la mia carta: <<Mi piacerebbe suonare la batteria>>,
le dico, e lei rafforza: <<Ma certo, meno teorica, più istintiva, quasi
estemporanea>>, dice di slancio.
Poi torniamo a casa, non so a che
cosa sia servita questa chiacchierata, però mi ha fatto piacere stare un po’
con mia zia, che adesso peraltro sta già ripartendo, anche se non saprei dire
per quale motivo preciso. Le giornate non cambiano, tutto prosegue come sempre,
e i miei problemi con tutti gli altri ragazzi si mantengono invariati. La
saluto, naturalmente a modo mio, lasciandomi abbracciare un po’ e stringendomi
nelle spalle. Forse, fra qualche anno, sentirò forte il desiderio di
raggiungerla nella sua città, soprattutto per uscire da questo piccolo paese,
per lasciarmi alle spalle tutti quei rapporti di amicizia mancati, insomma
quelli che non sono mai riuscito ad allacciare. Mi sento un po’ più solo
adesso, come se lei mi avesse fatto presente di colpo che per me ci sono tutte
le possibilità per stare insieme agli altri, anche se devo decidermi a
strappare via qualcosa, e lasciare alle mie spalle qualche ingombro che ancora
non so, che non capisco cosa sia. Ma ci penserò, nei prossimi giorni, ed alla fine,
rifletto, è probabile la zia fosse venuta fino qui proprio per questo.
Bruno Magnolfi
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