Sei tu che stai sbagliando, aveva detto lei con un lieve
ironico sorriso sulla bocca, riponendo contemporaneamente sopra al vassoio i
bicchieri in cui loro due avevano sorseggiato quasi in silenzio e con molta
calma un meraviglioso aperitivo costituito da succo d’arancia, vino bianco ed
una leggera spolverata di cannella. Ogni volta che si parla di qualcosa che ti
interessa tendi a rimanere regolarmente sulle tue posizioni, e diventa talmente
difficile smontare quelle tue convinzioni che viene voglia di evitarle, di
lasciare che i tuoi costrutti da egocentrico proseguano il loro destino, anche
se non si intravede neppure una logica che li sorregga.
Lui aveva fatto una smorfia guardando a terra come preso dalla
riflessione che quelle parole probabilmente gli imponevano, forse avrebbe
addirittura avuto voglia di un ulteriore sorso di quell’aperitivo servito
proprio alla temperatura giusta, ma non disse niente, limitandosi a registrare
dentro di sé che il suo bicchiere era ormai vuoto. Non gli pareva il caso di
replicare a quelle parole, non ne avrebbe neppure intravisto il senso,
preferiva ignorarle, come sempre, così si limitò a cambiare argomento, giusto
per dire in modo molto garbato: ceniamo in giardino, questa sera? La serata
sembra perfetta, e poi non soffia
neanche un filo di quella brezza che generalmente riesce a innervosirti.
Lei, in piedi, lo aveva osservato per un attimo,
velocemente aveva portato via i bicchieri con il vassoio, poi era tornata, soffermandosi
un momento, pensierosa. Si, aveva risposto; anche se rimane evidente il tuo
errore, disse voltandosi verso la posizione in cui lui era rimasto: credi
spesso che non possono riuscire ad esistere due opinioni differenti su un
medesimo argomento, e questo è un tuo problema culturale, di impostazione
esistenziale. Dici di no e conservi la tua posizione fino alla nausea, neppure
rendendoti conto che in questo modo si va a porre spesso un contenzioso
puramente tecnico.
Lui aveva sorriso sollevandosi dalla sua poltrona, aveva
velocemente intercettato le braccia abbandonate di lei e le aveva accarezzate,
come a cercare un compromesso su tutta la questione. Poi le aveva sfiorato il
viso con le labbra, ma la freddezza di lei lo aveva portato quasi subito a
desistere da quei suoi vezzi. Dopo si era voltato verso il tavolo, si era acceso
lentamente una sigaretta, infine aveva detto: forse hai ragione, intorno a
tutte le cose a cui tengo non riesco ad avere un’opinione differente da quella
che il tempo mi ha fatto maturare; sono convinto dei miei pensieri, perciò non
vedo la possibilità di dover riflettere in un altro modo. Però ti ho ascoltato,
ed ho capito che anche tu hai pensato molto in questi ultimi tempi al nostro
futuro.
Lei era tornata a sedersi senza averne voglia, aveva
guardato nel folto degli alberi perimetrali che a quell’ora tendeva velocemente
a scurire, come cercando qualcosa che non c’era, si era voltata verso di lui,
lo aveva guardato per un attimo come prendendo tempo e alla fine aveva detto:
deciderò io, allora, per tutti e due; tu non riesci ad avere chiaro a quale
punto ormai ci siamo spinti; dobbiamo cambiare, velocemente, non si può più
restare qui a guardare la nostra vita che scorre, senza fare niente.
Bruno Magnolfi
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