L’uomo si era affacciato alla finestra del suo
appartamento, al secondo dei tre piani di un palazzo dalla facciata piuttosto
anonima, senza particolari caratteristiche. La ragazza, che aveva probabilmente
fatto suonare il campanello del suo piccolo appartamento, restando sopra al
marciapiede, sembrava adesso attratta da qualcosa, forse soltanto dei rumori
che provocavano dei bambini in un cortile proprio lì accanto, e quando infine
aveva deciso di voltare lo sguardo verso le finestre in alto da dove l’uomo si
era affacciato, si era subito come resa conto che probabilmente doveva avere
sbagliato l’indirizzo.
Aveva detto qualcosa, lei, dal basso, che il suo
interlocutore non era riuscito neanche a comprendere, ma probabilmente era
stato tale il modo, così cortese e sorridente, con il quale aveva in qualche
maniera cercato di spiegarsi dalla strada, che quest’ultimo era rientrato, per
andare con solerzia a premere l’interruttore tramite il quale si apriva il
portone del palazzo. Il sole di quel tardo pomeriggio era piacevole, l’uomo si
era sentito bene per quell’attimo in cui si era affacciato alla finestra della
sua cucina, tanto da chiedersi perché non lo avesse fatto prima, non foss’altro
che per starsene a guardare le persone che scorrevano lungo i marciapiedi, e a
registrare quelle vetture, poche a dire la verità, che passavano ogni tanto in
quella strada di quel quartiere fuori mano.
La ragazza era entrata nel portone, lo aveva richiuso
alle sue spalle, quindi aveva preso le scale con calma, e si era soffermata per
un attimo sul pianerottolo del primo piano, l’uomo l’aveva ben vista mentre ne
studiava la fisionomia e soprattutto il passo con cui stava salendo, quasi
troppo lento ad essere sinceri, ed osservandone i capelli, l’abbigliamento, persino
le scarpe. Infine lei aveva ripreso a salire quegli ultimi scalini, proprio nel
momento in cui l’uomo aveva provato un moto come di fastidio per quella cosa che
stava capitando e gli faceva senz’altro solo perdere del tempo. Lei,
continuando la sua ascesa lungo quelle ultime due rampe, aveva proseguito ad
osservare solo i gradini avanti a sé, e soltanto quando era giunta a pochi
passi di distanza aveva sollevato lo sguardo verso di lui, che era rimasto
immobile, quasi con curiosità ad attenderla.
L’uomo aveva già scartato dentro di sé alcune
possibilità: non poteva essere una venditrice di prodotti, quella ragazza, non
aveva alcun bagaglio; non poteva neppure essere una sua lontana parente, non ne
aveva lui di quell’età; neppure poteva darsi svolgesse lavoro come fattorino o
come portatrice di messaggi, non c’era nel suo vestiario alcun riferimento ad
un compito del genere; ed oltretutto nessuno di quel settore si sarebbe posto a
salire le scale con quella lentezza. Così sembrava non esistesse proprio alcuna
possibilità, se non qualcosa che sfuggiva alla normale comprensione. Forse,
tornando alla prima impressione che lui con giudizio aveva avuto, era quasi sul
punto di sentirsi ormai convinto che quella donna avesse, per sua disgrazia,
sbagliato l’indirizzo, e forse stava già pensando di interromperle la fatica di
salire quegli ultimi due o tre gradini, di avvertirla dell’errore, insomma, quando
lei, guardandolo con un sorriso, quasi con semplicità, ebbe a dire soltanto:
sono la nuova inquilina del terzo piano; mi scusi, ma non possiedo ancora la
chiave del portone principale.
Bruno Magnolfi
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