venerdì 1 luglio 2011

Corsa insensata (ripresa cinematografica n. 2).

            
Corro per strada,  la faccia spaurita, i muscoli delle braccia e delle gambe che si muovono ritmicamente con tutto il corpo. Le persone m’incontrano e mi guardano un attimo, ma non ho tempo, devo arrivare con grande fretta, sempre più di fretta.
            Gastone ha la fronte sudata, non è abituato agli sforzi, la sua faccia traduce fatica e paura, bisogno di andare, di vivere, necessità di spingersi oltre. L’aria è quella di un giorno qualunque, ma qualcosa non torna, qualcosa non è come dovrebbe.
            Continuo a correre tra le persone, anche se so che dovrò fermarmi, non ci sono altre possibilità, forse lo sanno anche loro, niente può continuare in eterno, questa è la logica, ma io non lo so, non riesco a immaginare quando i miei piedi si fermeranno, quando le mie braccia dovranno abbandonarsi sui fianchi, quando resterò lì, immobile. Il marciapiede è largo, proseguo a correre nonostante il mio ritmo ormai sia allentato, si vede probabilmente lo sforzo fin sulla mia faccia, qualcuno forse potrebbe anche riderne, ma tutto questo non ha alcuna importanza.
            Accanto a Gastone qualcuno lo incita ad andare più avanti, qualcosa a lui gli dice di spingersi oltre, quasi senza pensare, come un gesto da compiere e basta. Ormai è senza fiato, non può resistere più così, e allora rallenta, inciampa sul marciapiede pieno di gente, prosegue ma traballando quasi preda di quello sforzo, di quella fatica.  
            Cerco con gli occhi qualcuno che capisca il mio stato, mi fermi, mi dica che forse non c’era necessità di questa mia prova, che comunque tutto è andato nella maniera prevista, non c’è più bisogno di spingersi oltre, è sufficiente così, sono stato capace di un gesto importante, penso che questo verrà sicuramente riconosciuto. Ma nessuno di loro mi guarda, ognuno mi scansa mentre passo in mezzo alla gente, la mia corsa è ormai disordinata, qualcosa che forse mette soltanto paura, e non interessa nessuno, così sono sempre più solo, inevitabilmente da solo.
            Due o tre persone seguono Gastone con gli occhi, cadrà a terra tra non molto, lo sanno benissimo, sarà necessario rialzarlo, dargli coraggio, spiegargli che deve lasciare ad altri la possibilità di occuparsi di lui, delle sue condizioni, del suo stato inadatto a proseguire così. La solidarietà è il gesto più umano di tutti, deve capirlo, deve lasciarsi sorreggere. 
            Ho voglia soltanto di gettarmi per terra, di trovare qualcuno che mi comprenda, che mi restituisca quel fiato che adesso non ho, che mi faccia riprendere da questa fatica, che mi spieghi, forse, come fosse stato possibile arrivare fin qui senza questo sforzo, senza questa fatica pazzesca che adesso pare non serva neanche, che ormai non serva più a nulla.

            Bruno Magnolfi

            

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