martedì 19 luglio 2011

Futuro prossimo (ripresa cinematografica n. 3).

            
            Il viale è bello e tortuoso, l’immagine che ne traggo discende da una macchia di verde data dai grandi alberi che sembrano affastellarsi laggiù in prossimità della curva, e arretrando costeggia la carreggiata d’asfalto, fino a giungere nei pressi della panchina dove sono seduto ad osservare le rare auto che transitano. Tengo le mani a pugno, appoggiate sopra la pietra, l’espressione del mio viso è forzatamente neutrale. Non so decidermi a nulla, resto qui per non dover prendere l’iniziativa di andare da qualche altra parte, la mattina di questo giorno qualsiasi è ancora lunga, dovrei pur impegnarla in qualche maniera, bisognerebbe che il senso di queste mie piccole cose si decidesse ad uscire all’aperto, e mi indicasse un percorso, ma tutto appare difficile.
            Fare qualcosa, penso, fingere di avere raggiunto lo stato di grazia di chi vive affrontando un gradino alla volta, senza scomporsi, concentrandosi sullo scopo che si staglia ogni volta di fronte. Attendo qualcuno; si, certo, qualcuno dovrà pur arrivare, ne avverto quasi i passi cadenzati sopra la ghiaia: una persona che si siederà su questa mia stessa panchina, fingerà indifferenza spiegando avanti a sé un giornale da leggere, scambierà con me un buongiorno che non sia edulcorato e meno che mai doveroso, e attenderà il momento migliore per esporre la propria opinione. Sono preoccupato, dirà, con un’espressione quasi divertente ai miei occhi: oggi viviamo troppo il presente. Silenzio, le pagine del giornale frusciano mentre vengono voltate.
            Darò uno sguardo lungo la strada, soppeserò le macchine che paiono rincorrersi sopra l’asfalto, poi lascerò che quell’uomo divaghi ascoltando tutte le cose che avrà voglia di dire, annuirò su qualche passo più difficoltoso per lui, gli permetterò il tentativo di inserire la sua opinione politica all’interno di quelle sue frasi, e aspetterò che lasci una pausa, una semplice pausa minuta in mezzo a tutte quelle parole, ed il silenzio allora farà mostra di sé, incoraggiando i pensieri.
            Il presente è solo il tempo che passa, che pulsa dentro di noi, dirò sottovoce. Ma dopo, aggiungerò, quali certezze possiamo mai manifestare? Abbiamo la memoria, i ricordi che mutano poco per volta all’interno di noi, assumendo la nostra stessa maniera di porre le cose, e ci spingono sull’orlo del baratro di questo presente che sembra certe volte sia tutto, e che invece si fa beffe di noi, ci toglie gli anni, poco per volta, ci toglie la voglia di spingerci ancora più in là; oltre, non si può proprio andare. Mi osserverà con maggiore attenzione, il mio compagno della panchina, ma soltanto per un attimo; poi ripiegherà il suo giornale, dirà ancora buongiorno, e come era arrivato andrà via, chissà dove, forse alla ricerca di qualcun altro a cui dire le stesse parole.
            Allora il viale, avanti a me, addolcirà la sua curva, ed io con lo sguardo percorrerò tutta quanta la strada, fino alla congiunzione dei bordi. In quel punto laggiù, dove la mia immagine fonde, saprò individuare qualcosa che non ho mai conosciuto, e sarà questo lo scopo ulteriore per rimettersi di nuovo in cammino. Tutto il percorso così si mostrerà chiaro, potrò sentire il mio tendere verso qualcosa che per un attimo avevo perduto, avrò di nuovo con me una certezza, e sarò felice di questo, come pochissime volte era già potuto accadere.


            Bruno Magnolfi

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