Mi
soffermo ad osservare la campagna, certe volte, quella che si vede da qui,
oltre questo vecchio muretto di pietre che costeggia la strada dietro al paese,
mentre serpeggiando scende dalla nostra collina. Incontro qualcuno, ci
salutiamo, ma basta uno sguardo, non c’è bisogno di dirsi qualcosa, assaporiamo
la giornata che scorre con la coscienza di chi non ha orpelli per gli altri e
neppure ne chiede.
Tutti
riconoscono in me una persona di margine, uno che passa le giornate da solo,
con cui è bene tenersi a distanza, non si sa mai cosa potrebbe inventare. Mi
muovo di un passo, appoggio una mano sul muro, guardo la fila di cipressi più
in basso che sembrano tante persone silenziose mentre camminano proprio come
faccio io, lungo il bordo di questa anonima strada.
Il
mio disagio è il pensiero: troppo spesso lascio che porti la mia mente lontano
da qui, sempre partendo da questo scorcio di campagna, da questa macchia di
verde sfumata dai tempi delle stagioni. Passa una donna che conosco, mi dice
con voce squillante che oggi è una bella giornata, annuisco, lascio che scorra
mentre sorrido e la osservo.
Ci
si guadagna la rispettabilità giorno per giorno, penso, poi a volte la si perde
in un attimo, e infine siamo qualcosa di incasellato per sempre. Non ha alcuna
importanza, guardo la donna da dietro e forse vorrei stringerla a me, spiegarle
quanto sia stato bello sentirmi salutare a quel modo, rendermi conto di essere
anch’io una persona, lasciato per rispetto al mio gioco di sempre, a questo osservare
da qui ciò che si vede.
E’
il punto di osservazione la cosa importante, penso: basta spostarsi di poco,
appena un’inezia, e tutto cambia in un attimo. Riconosco una macchia di lecci,
là in fondo, e col pensiero mi spingo là dentro, come un animale del bosco. Un
giorno prenderò questa strada, penso, forse camminerò in avanti senza fermarmi,
e continuerò così fino a percorrerla tutta, senza voltarmi.
Bruno
Magnolfi
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