Sono
qui, da solo, e mi guardo attorno mentre resto seduto sopra un gradino,
pensando a quanto io sia inutile agli altri, anche se non è del tutto colpa
mia. Posso restare qui, posso andarmene da qualche altra parte, le cose non
cambiano, tutto resta identico all’impostazione che la mia vita ha preso oramai
da tanto tempo.
Osservo
due donne che passano, parlano sottovoce delle loro cose, tutti hanno qualcosa
di cui preoccuparsi, penso: un lavoro, una famiglia, tante cose del genere.
Sento che parlano, mi piace la loro maniera pacata di scambiarsi opinioni, di
dirsi tutto quello che passa per le loro teste, provo quasi un moto di invidia
mentre le osservo, io che ho sempre tenuto tutto per me e non ho mai cercato
qualcuno con cui condividere le mie riflessioni.
Poi mi alzo da questo gradino, so
che è tardi per cambiare modo di essere, tanto vale mi accetti per quello che
sono, penso, così prendo a girare per strade piene di negozi, camminando sui
marciapiedi ingombri di gente. Dopo un po’ torno indietro, mi vado a sedere di
nuovo sullo stesso gradino, so che tante volte mi sono detto che la mia
solitudine è ormai disperata, ma so anche che non mi serve a niente cercare una
scusa. Ho tentato di andare fino in fondo, forse di superare anche il limite,
adesso in qualche maniera mi reputo a posto, soddisfatto di ciò che ho
ottenuto, posso prendermela con tutti e con niente, posso spiegare a voce alta
che non ritengo sia colpa mia se le cose sono andate effettivamente in questa
maniera.
Dal
mio gradino osservo la piccola piazza che mi si apre davanti, forse è questa
l’unica libertà di cui posso gioire: guardare gli altri, gli edifici, i negozi,
perdermi tra le cose di tutti, e fingere di essere uno qualsiasi, pur
conservando l’orgoglio di non essere uno qualunque. Tornano le due donne, poco
dopo, forse mi notano, continuano come prima a parlare tra loro, passano a
pochi metri da me; infine si fermano, una delle due mi viene incontro per
mettermi dentro alla mano i suoi spiccioli. Ecco, adesso il quadro è perfetto,
non potevo proprio desiderare di meglio.
Bruno
Magnolfi
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