Non è successo
niente, pensavo osservando quei curiosi che continuavano ad avvicinarsi a quel
punto della strada dove la donna in bicicletta era caduta, senza peraltro farsi
troppo male. Alcuni l’avevano subito soccorsa, altri erano sopraggiunti velocemente
ad osservare i primi, anche se io continuavo a pensare che non ci sarebbe stato
affatto bisogno di tutto quel trambusto. Ero rimasto immobile, fin da subito,
seduto sopra la panchina a pochi metri, perché quando mi ero accorto
dell’accaduto e al momento in cui forse avrei voluto e potuto intervenire,
qualcuno l’aveva già fatto prima di me, e attorno a quel ciglio di strada si
era formato in un attimo un piccolo assembramento di persone, tanto fitto da
darmi quasi fastidio.
La donna in
bicicletta mi era passata vicino pedalando lentamente proprio poco prima di
cadere: io l’avevo osservata e lei aveva notato me. Tutto adesso avrebbe
ripreso la sua normalità in pochi minuti, pensavo, e infatti la donna aveva
presto recuperato la sua bicicletta e tutti attorno poco alla volta si erano
dileguati lungo quella strada. Forse avrei potuto intervenire, pensavo, fare
qualcosa, mostrare la mia buona volontà. Avrei potuto aiutare quella donna a
rimettersi in piedi, sorreggerla fintanto che il piccolo dolore alla gamba le
fosse passato; avrei potuto rialzare la sua bicicletta, assentire ai commenti
di lei su quella pietra sconnessa che le aveva fatto perdere inequivocabilmente
l’equilibrio. Forse avrei potuto offrirmi di accompagnarla nel bar più vicino,
per un caffè, o qualcosa di forte per lenire lo spavento. Ma non avevo fatto
niente.
Lei mi era transitata
vicino, forse una piccola intesa era passata tra di noi, ci eravamo osservati
per un attimo, io ero rimasto fermo, senza espressione, avevo soltanto
continuato a guardare la sua pedalata lenta, il suo modo di fare particolare. Forse
non avevo pensato niente, anzi avevo distolto lo sguardo a un certo punto,
proprio per non apparire insistente, come qualcuno che riesce solo ad
incuriosirsi degli altri, senza rendersi conto di dimostrarsi soltanto
fastidioso. Lei mi aveva notato, questo si, ma non mi sembrava affatto una
persona curiosa, un tipo di donna che va in giro ad osservare tutti gli altri.
Era caduta perdendo
l’equilibrio in un attimo, ma la sua bicicletta era quasi ferma tanto pedalava
lentamente; il marciapiede era ingombro di persone come sempre, ma io me ne
stavo sopra la panchina, tranquillamente, senza alcuna idea particolare nella
mente. Forse avrei voluto parlare a quella donna, dirle che mi aveva colpito il
suo modo di fare, quel girare svogliatamente lungo le strade cittadine. Ma la
sua caduta aveva richiamato l’attenzione di tutti quanti, io non avrei potuto mai
dirle quello che mi passava nella testa, non sarei neppure stato utile, si
sarebbe dimostrato solo un ingombro il mio, un inutile affaccendarsi privo di
qualsiasi significato; per questo non avevo fatto niente.
Poi lei aveva ripreso
la sua bicicletta, era tornata a salire sopra al sellino, e si era allontanata,
forse con una certa timidezza per quanto era accaduto. Non era successo proprio
niente, continuavo a pensare tra me; osservavo il traffico della strada
restando seduto sopra la panchina, e provavo dispiacere per quel capannello di
persone che subito si era formato, come se nessuno avesse altro da fare che non
accorrere in massa per una cosa così sciocca, una cosa da niente, senza
significato. Restavo lì senza decidermi a nulla, svogliatamente, e ad un tratto
vidi la donna con la sua bicicletta che era tornata indietro, si era soffermata
a riguardare la pietra sconnessa dove era caduta, poi era venuta verso di me:
grazie, aveva detto; poi si era allontanata.
Bruno Magnolfi
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