L’uomo stava disteso sull’erba,
apparentemente senza pensieri, la donna, accanto seduta, lo osservava in
silenzio. Abbiamo soltanto due ore per noi, aveva detto lui, poi non potremo
rivederci prima di due settimane. Non gli piaceva preventivare il futuro, ma
con lei era sempre meglio dire con calma e con chiarezza le cose, in modo da
evitare qualsiasi suo irrigidimento. Forse non ci vedremo neanche più, aveva invece
detto lei, mostrando il suo carattere particolare, lanciando le parole
nell’aria, ma come parlando a se stessa. Anche in altre occasioni le sue
riflessioni erano apparse più catastrofiche e definitive di quanto ce ne fosse
stato bisogno, ma in questo caso qualcosa nella sua voce era più fermo e deciso
di ogni altra volta.
L’uomo generalmente interveniva in
questi casi spiegandosi meglio e cercando di alleggerire le cose, ma stavolta
gli parve di non avere argomenti, come se tutto quello di cui adesso avrebbe
potuto parlare, almeno in maggior parte, gli apparisse scontato, già risaputo,
addirittura ridicolo. Rimase fermo e in silenzio, dando appena una timida
occhiata verso di lei che aveva lo sguardo fisso sugli alberi in fondo a quel
pezzo di verde. Lungo la strada che costeggiava quel parco pubblico passavano
raramente delle auto, e il rumore del loro transito, da dove si trovavano loro,
risultava appena percettibile. Inconsciamente lui si volse verso il cancello in
fondo al giardino dove stava parcheggiata la loro macchina, e lei intercettò il
suo movimento pur rimanendo in silenzio.
Ci sono cose che non ho ancora
capito, aveva detto lui cercando un argomento che non riguardasse niente di
riconducibile al loro rapporto; altre che inizio soltanto adesso a comprendere;
e ce ne sono anche di ulteriori che credo mi sfuggiranno per sempre; però penso
che sia questa la vera maturità, la coscienza che ci siano elementi che hai
avuto sotto agli occhi da sempre e che d’improvviso si presentano del tutto
diversi, e mostrandosi sotto una luce completamente variata ti fanno sentire
bisognoso di tutto, anche di imparare correttamente a guardare.
Poi era rimasto in silenzio, e d’improvviso
gli era parso che nessun argomento potesse rompere lo stallo che si era creato,
tanto che, pur continuando a cercare qualcosa da dire, senza peraltro riuscirci,
si mise a trastullare una foglia, giusto per fare qualcosa. Andiamo?, disse lei
d’improvviso sollevandosi in piedi. Lui comprese che qualcosa gli stava
effettivamente sfuggendo di mano, ma non riuscì a contrapporre nient’altro che
un timido: vuoi davvero andar via? Lei annuì senza rispondere, e in un attimo
prese il vialetto di ghiaia che conduceva al cancello, con passi calmi ma
risoluti, e lui la seguì.
La sensazione più forte era per lui
la perdita improvvisa di tutto, ma il pensiero che lo tormentava di più era
l’incapacità, che provava quasi come un dolore, di opporre qualcosa di sensato
ad una decisione probabilmente già presa. Fuori dal giardino tutto pareva
scorrere in maniera ordinaria, i bambini erano per mano alle mamme, le
automobili rallentavano in prossimità dei passaggi pedonali; soltanto lì, accanto
a loro, qualcosa di irreparabile stava accadendo senza che niente, probabilmente,
fosse capace di arrestarne il proseguo.
Infine erano giunti al cancello, lei
aveva già tirato fuori le chiavi per aprire la propria automobile e
accompagnarlo fino all’area di sosta dove, come d’accordo, si erano incontrati
poco prima, prendendosi ambedue quel pomeriggio di libertà. Lui allora si era
fermato un momento, aveva abbassato la faccia, l’aveva osservata con una
semplice occhiata esauriente, poi aveva detto: vai pure; io preferisco
tornarmene a piedi.
Bruno Magnolfi
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