Ormai lo
spettacolo lo conosco a memoria, non ho neppure bisogno di seguire il copione
con gli appunti del regista sui margini, e i cambi di luce durante i tre atti
della commedia non sono poi neanche tanti, anche se molto precisi. Lascio che
scorra la prima parte con una lampada fredda e sfumata sul primo personaggio,
poi arriva lei. E’ una donna fantastica, credo non ci sia altro da aggiungere,
quando lei è sul palcoscenico tutto il resto non ha paragone. Anche se chiudo
gli occhi la sua voce è come se riuscisse a mostrare tutte le espressioni che
assume la sua figura e il suo viso là sopra. Mi piace pensare che le mie luci
le accarezzino con dolcezza il vestito, che riescano a rendere la sua
recitazione ora cupa ora brillante, ora seria ora leggera, come se il mio non
fosse un lavoro, ma qualcosa di più: un completamento di lei, della sua
incomparabile arte.
Le cose vanno
avanti come tutte le sere, lo spettacolo scorre quasi sull’olio anche se
l’impegno di tutti c’è ed è forte. Osservo ancora una volta il copione, giusto
per sicurezza, devo sfumare un faretto tra poco, poi ci sarà un cambio di luci
piuttosto repentino. Lei è senz’altro la mia attrice preferita, penso, mentre
continuo a guardarla ammirato da dietro le quinte. In tanti anni di lavoro di
elettricista nessuna come lei è mai riuscita a farmi sognare così,
semplicemente scolpendo nell’aria le sue parole. Devo dirglielo prima o poi,
penso, senza’altro avanti che finiscano tutte le repliche di questo spettacolo,
ma più lo desidero più mi sento ridicolo, in fondo ho persino qualche anno meno
di lei, e lei ha sempre il camerino pieno di ammiratori.
Mando avanti
il cambio previsto, le metto un pizzico in più di bianco caldo sopra ai
capelli; la osservo, mi sembra bellissima adesso, quasi l’avessi scolpita, mi
innamoro di lei ogni volta che torno a guardarla. Allora mi volto, cerco di
guardare qualcosa da un’altra parte, ormai basta solo la sua voce per mostrarmi
il suo viso, i suoi movimenti, i suoi gesti, le sue espressioni. Lo spettacolo
procede, tutto sembra filare in maniera perfetta; lei esce di scena, c’è un
cambio d’abito, è previsto così sul copione, ci incontriamo tra le pannellature
dietro le quinte, la guardo negli occhi, lei neppure mi vede: è nervosa, lo
capisco benissimo, qualcosa non va come vorrebbe, forse non avrebbe neppure
voglia di tornare là sopra, chissà.
Si chiude nel
camerino, si cambia, forse riesce persino a calmarsi, poi torna a passarmi
vicino, più lentamente; mi faccio forza, esco dal buio, la fermo, le chiedo:
andavano bene le luci, è tutto a posto? Lei volta la sua faccia sopra di me, mi
guarda, anche se per un attimo sembra quasi sia avanti, dietro ad un pensiero diverso,
ma infine torna presente, sorride in modo leggero, poi di nuovo sembra già
allontanarsi. Infine una ruga le appare sopra la fronte, apre leggermente la
bocca, mi dice: siete tutti bravissimi, poi va a prendersi qualcosa da bere,
lasciandomi lì, come uno stupido; infine torna sui suoi passi, tra poco deve
rientrare, allora mi si accosta vicino, con il bicchiere accanto alle labbra,
ma senza guardarmi, e in un soffio mi dice: non mettermi addosso tutta la luce
che hai; non la merito proprio.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento