Lei continua ad osservarlo, cercando di sorridere ancora
per qualche secondo, ma quasi senza interesse per quello che lui ha appena
finito di dire; poi, per abitudine, volge lo sguardo da un’altra parte, lasciando
che lui apra il pacchetto e quella piccola scatola colorata, con dentro il
regalo. Forse non sarà un giorno da ricordare, pensa in un attimo, ma quando al
mattino lei ha notato quell’oggetto dentro al negozio, non ha potuto fare a
meno di farlo incartare e acquistarlo, come fosse fatto apposta per quella
serata. Lui, in queste occasioni, si sente un bambino senza difese: guarda la
carta ed è certo di riuscire ad accettare qualsiasi cosa sia presente dentro alla
confezione invitante, pronto come sempre a fingere meraviglia e piacere, per quell’evidente
e garantita interpretazione dei suoi desideri.
Scorrono alcuni
momenti senza che ci sia in mezzo alcuna parola, come non ci fosse né capo né
coda in quella situazione un po’ assurda; lei si accende una delle sue
sigarette, comprende ormai di aver fatto un errore, pur innocente, ma si
giustifica con il suo entusiasmo forse eccessivo, infine con il pensiero cerca
di portarsi in avanti almeno di un’ora, quando ormai loro due si saranno già
salutati, e a lei sarà stato possibile, forse, ritrovare il proprio equilibrio.
Eppure le dispiace davvero non riuscire ad essere maggiormente spontanea in
situazioni del genere, anche se è convinta che in lui, in certi casi, non
esista un barlume di sensibilità per questo tipo di cose.
Alla fine lui pensa
che tutto stia veramente ruotando attorno all’oggetto nascosto dentro la
scatola, così, pur proseguendo a dire qualche sciocchezza, cerca di pensare al
motivo che possa avere dettato quel tipo di scelta, ma non ne trova, e allora
sente un brivido di assoluta amarezza verso il gesto di lei, che gli appare
come sorretto dal niente. Dice fra sé: forse non dovrei pensare in questa
maniera, poi cerca di prendere ancora del tempo. Lei, quasi per un automatismo,
ritrova il sorriso, ma solo un momento più tardi il suo errore inizia a
pesarle: adesso è cosciente di aver cercato qualcosa soltanto per accontentare
se stessa, ma non può annullare quel gesto.
Improvvisamente
appare evidente che i loro pensieri divergono, e di colpo tra loro sembra sia
proprio l’oggetto ancora incartato a funzionare come catalizzatore nei
confronti del sottile malessere che stanno provando, mostrando nudo, peraltro, quello
strano equilibrio nel loro rapporto di cui adesso misurano una sensazione di sicura
mancanza: lei ha ormai perso del tutto il significato del moto spontaneo da cui
è stata spinta al mattino; lui sente di non riuscire stavolta ad essere così
bravo da accettare quella semplice forma di distensione dei loro rapporti,
incartata e concentrata dentro alla scatola.
Posso aprirlo quando
tu sarai andata via? fa lui con uno sforzo di sincerità. Certo, dice lei che si
sente improvvisamente sollevata da quella situazione tortuosa in cui non sa
neanche più come abbia fatto a cadere. Finisce la sua sigaretta, si alza, lo
abbraccia, come fa sempre: devo andare, gli dice. Quando esce da quel caffè,
dove si sono incontrati tantissime volte da quando si sono conosciuti, sa che il
suo cuore non sanguina, che i suoi pensieri, anzi, sono tornati quasi del tutto
al loro posto, e la situazione adesso le pare praticamente sotto controllo.
Lui resta seduto, si
lascia servire dal cameriere del vino rosso, lo sorseggia dal calice come fosse
un liquore, quindi paga la consumazione con profonda e rassegnata lentezza, e
infine esce da quel locale, lasciando sul tavolino, forse soltanto per
sbadataggine, il pacchetto ancora incartato.
Bruno Magnolfi