“…In
fondo non ha alcuna importanza che tu scorra rapidamente o meno queste parole.
Tornerai a rileggerle più di una volta, ne sono sicuro, ne cercherai in fretta
la fine, la conclusione adatta che serva a giustificare l’insieme, il
ragionamento, e ti convincerai poco per volta che non c’è un vero senso che
sorregge le cose, ti renderai conto che tutto spesso è precario, anche la
struttura stessa di un discorso che, al contrario delle apparenze, vorrebbe
essere logico…”.
Lei
ripiega il foglio di carta che ha tra le mani, allontana lo sguardo, sa che non
ha ancora compreso ciò che sta dietro alle frasi che ha appena letto, eppure
sente la voglia di piangere, di disperarsi per qualcosa che avverte dentro di
sé, pur non comprendendone il senso. Forse tutto è solo giocato attorno a
qualcosa che riesce ad avvertire come di fondamentale importanza, eppure non sa
proprio come riuscire a gestire quel qualcosa, comprenderlo appieno, ricavarne correttamente
una visione d’insieme. Sa che tutto, d’ora in avanti, precipiterà senza
rimedio, ne è certa, ma non riesce neppure a spiegarsi il perché, sa soltanto di
essere assolutamente sicura che sarà proprio così, esattamente.
La
logica a cui si affida il discorso, indubbiamente è dentro a quelle parole che
legge, ma lei non lo sa, non lo vuole sapere, riesce soltanto a comprendere che
quella è una lettera d’addio, l’ultimo atto di un lungo periodo, del quale
cerca, per una umana sopravvivenza e con ogni sistema che trova, di storpiarne
la vera natura.
Infine
si alza lentamente dalla panchina sulla quale è rimasta seduta per un tempo più
lungo di quanto sarebbe stato auspicabile, riprende a camminare sul
marciapiede, lungo la strada che va verso il suo appartamento. Non sa cosa prepotentemente
rispondere, non sa come sia meglio ribellarsi a quanto le accade, ma
all’improvviso i suoi sentimenti sembrano qualcosa di inutile, quasi di
decisamente dannoso: vorrebbe quasi infilarsi in un angolo dimenticato del
mondo e non avere più alcun rapporto con essere vivente, ma decide in un lampo
che non farà mai una cosa del genere. Poi sorride tra sé a quell’immagine,
cercando una maniera per ritrovare la capacità di reagire. S’immagina la sua
giornata tra un mese, o tra un anno, in cui solo un ricordo nostalgico di
qualcosa che si è manifestato in un periodo della sua vita sarà ancora
presente, ed avrà allora la coscienza precisa di quel solo ingrediente tra le
sue cose, che doveva per forza mescolarsi così con tutto il resto.
Poi
torna a sedersi, gira quel foglio dalla parte bianca, prende una penna dalla
sua borsa, e scrive con decisione, quasi di fretta:
“Non
tornerò a rileggere niente; non per capriccio o per una reazione un po’
isterica, quanto perché già da tempo era proprio così che avevo pensato
dovessero andare le cose, e il dispiacere che provo è solo il semplice rendermi
conto che non ci poteva essere una strada diversa. Giusto, tutto è precario,
specialmente se non è sostenuto dalla volontà di chi potrebbe sorreggerlo,
mostrando così quanta indecisione ci sia nei propri pensieri. Ed è esattamente
quella, l’insicurezza, che ha la capacità di confondere l’importanza profonda
di questo lasso di tempo, vissuto in maniera completa e meravigliosa, con la
sua conclusione. A me resta molto di tutto il periodo, ed è questo per me l’elemento
importante…”.
Così,
torna a ripiegare quel foglio di carta: non avrà bisogno di busta, pensa adesso
con spirito rinfrancato; consegnerà il suo messaggio di persona, in un luogo
affollato dove può facilmente incontrarlo quasi fosse un semplice caso, ma non
gli parlerà più, saranno solamente quelle parole la conclusione di tutto tra
loro, non ce ne potranno essere altre.
Bruno
Magnolfi
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