mercoledì 30 novembre 2011

Disattenzioni ordinarie.

            

Lei continua ad osservarlo, cercando di sorridere ancora per qualche secondo, ma quasi senza interesse per quello che lui ha appena finito di dire; poi, per abitudine, volge lo sguardo da un’altra parte, lasciando che lui apra il pacchetto e quella piccola scatola colorata, con dentro il regalo. Forse non sarà un giorno da ricordare, pensa in un attimo, ma quando al mattino lei ha notato quell’oggetto dentro al negozio, non ha potuto fare a meno di farlo incartare e acquistarlo, come fosse fatto apposta per quella serata. Lui, in queste occasioni, si sente un bambino senza difese: guarda la carta ed è certo di riuscire ad accettare qualsiasi cosa sia presente dentro alla confezione invitante, pronto come sempre a fingere meraviglia e piacere, per quell’evidente e garantita interpretazione dei suoi desideri.
            Scorrono alcuni momenti senza che ci sia in mezzo alcuna parola, come non ci fosse né capo né coda in quella situazione un po’ assurda; lei si accende una delle sue sigarette, comprende ormai di aver fatto un errore, pur innocente, ma si giustifica con il suo entusiasmo forse eccessivo, infine con il pensiero cerca di portarsi in avanti almeno di un’ora, quando ormai loro due si saranno già salutati, e a lei sarà stato possibile, forse, ritrovare il proprio equilibrio. Eppure le dispiace davvero non riuscire ad essere maggiormente spontanea in situazioni del genere, anche se è convinta che in lui, in certi casi, non esista un barlume di sensibilità per questo tipo di cose.
            Alla fine lui pensa che tutto stia veramente ruotando attorno all’oggetto nascosto dentro la scatola, così, pur proseguendo a dire qualche sciocchezza, cerca di pensare al motivo che possa avere dettato quel tipo di scelta, ma non ne trova, e allora sente un brivido di assoluta amarezza verso il gesto di lei, che gli appare come sorretto dal niente. Dice fra sé: forse non dovrei pensare in questa maniera, poi cerca di prendere ancora del tempo. Lei, quasi per un automatismo, ritrova il sorriso, ma solo un momento più tardi il suo errore inizia a pesarle: adesso è cosciente di aver cercato qualcosa soltanto per accontentare se stessa, ma non può annullare quel gesto.
            Improvvisamente appare evidente che i loro pensieri divergono, e di colpo tra loro sembra sia proprio l’oggetto ancora incartato a funzionare come catalizzatore nei confronti del sottile malessere che stanno provando, mostrando nudo, peraltro, quello strano equilibrio nel loro rapporto di cui adesso misurano una sensazione di sicura mancanza: lei ha ormai perso del tutto il significato del moto spontaneo da cui è stata spinta al mattino; lui sente di non riuscire stavolta ad essere così bravo da accettare quella semplice forma di distensione dei loro rapporti, incartata e concentrata dentro alla scatola.
            Posso aprirlo quando tu sarai andata via? fa lui con uno sforzo di sincerità. Certo, dice lei che si sente improvvisamente sollevata da quella situazione tortuosa in cui non sa neanche più come abbia fatto a cadere. Finisce la sua sigaretta, si alza, lo abbraccia, come fa sempre: devo andare, gli dice. Quando esce da quel caffè, dove si sono incontrati tantissime volte da quando si sono conosciuti, sa che il suo cuore non sanguina, che i suoi pensieri, anzi, sono tornati quasi del tutto al loro posto, e la situazione adesso le pare praticamente sotto controllo.
            Lui resta seduto, si lascia servire dal cameriere del vino rosso, lo sorseggia dal calice come fosse un liquore, quindi paga la consumazione con profonda e rassegnata lentezza, e infine esce da quel locale, lasciando sul tavolino, forse soltanto per sbadataggine, il pacchetto ancora incartato.


            Bruno Magnolfi 

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