domenica 8 gennaio 2012

L'osservazione attenta del mondo.


            
            Silenzio. Pierre si muove leggermente sulla sua sedia, poi torna ad osservare qualcosa fuori dalla finestra. Se ne sono andati tutti, adesso, li ha seguiti con lo sguardo fino a quando non hanno svoltato oltre l’angolo, in fondo alla strada, e sono spariti di colpo dalla sua vista. Sono ragazzi normali, che passano un’ora o due al pomeriggio in quei giardinetti proprio lì accanto, a raccontarsi chissà cosa, magari delle storie un po’ buffe, tanto per farsi tutti assieme delle belle risate ogni tanto. A Pierre piace guardarli dalla finestra, non c’è niente di male, pensa a volte tra sé, osserva quei gesti, quelle espressioni, ed è per lui quasi come essere lì, insieme a loro.
            L’altro giorno due si sono litigati, hanno alzato la voce e si sono scambiati persino qualche spintone. Non c’è niente da meravigliarsi, pensa Pierre, certe volte possono capitare cose del genere. Sono piccole prove per mostrare il carattere, la personalità, e nient’altro. Lui ha continuato ad osservarli da dietro la tenda, si sentiva forse di patteggiare per uno piuttosto che l’altro, ma ha cercato di restare neutrale. Poi tutto è rientrato, ognuno di loro è riuscito a porre un limite a quel confronto, persino quelli che sono rimasti in disparte, quelli che erano rimasti soltanto a guardare.
            Un paio di volte Pierre è passato quasi con indifferenza da quel giardino, proprio nell’ora quando c’erano tutti: voleva sentire le loro voci, osservare più da vicino quei ragazzi non ancora maturi, comprendere meglio i loro gesti e quei loro atteggiamenti. Ma è difficile per lui mostrarsi serio e disinteressato, con la testa magari dentro le nuvole, come un passante qualsiasi. Conosce ormai quasi tutti, persino i loro comportamenti, i loro modi, e allora quelle volte è soltanto rimasto lì, ad osservarli più da vicino, ma qualcuno di loro lo ha forse notato, si è girato di spalle sollevandosi dalla panchina, per dire agli altri, magari, qualcosa di spiacevole nei suoi confronti. Gli altri ragazzi probabilmente hanno guardato Pierre, hanno puntato gli occhi su di lui come sopra una bestia strana, lui che si sente così ordinario, normale, e lo hanno fatto fuggire con quel loro atteggiamento, anche se in fondo lui non ha capito del tutto neppure il perché.
            Sono stato a lungo ammalato, quando avevo proprio la vostra età, avrebbe potuto inventarsi così, su due piedi, tanto per giustificare la sua curiosità. Ma non è vero, non c’è stata nessuna malattia, niente di niente, se non una normalissima curiosità per quei ragazzi così allegri, così pieni di vita, tanto da riempirgli il cuore di gioia, in certi giorni, con quei loro semplici, spontanei, buffi atteggiamenti. E’ difficile mostrarsi attratti da quell’età senza essere subito scambiati per qualcos’altro, intravedere rapidamente un interesse che non attraversa neppure per scherzo il cervello di Pierre. Lui questo lo sa, così lascia correre, e si accontenta di mettersi seduto alla finestra del suo appartamento, e di osservare anche soltanto per qualche minuto quella gioventù che quasi lo sfiora. Gli piace guardare e studiare quella maniera per lui distante e istintiva di interpretare il mondo e la vita, perché è solo questo che riesce a farlo sentire ancora un po’ vivo, capace di gioire e meravigliarsi con loro, fuori da quella tomba in cui le abitudini della vecchiaia lo hanno ormai rifilato.

            Bruno Magnolfi
            

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