Parlavano, quasi come
se il tempo, almeno in quella stanza, avesse interrotto il suo corso, e le
parole, centellinate senza alcuna fretta, scandissero a modo loro quel
pomeriggio. Lei diceva che si sentiva stufa della situazione, che avrebbe
voluto vedere un certo rinnovamento, delle nuove idee, nuovi modi di essere in
tutti coloro che la circondavano, senza precisare nient’altro. Diceva: qualcosa
dovrà pur succedere, tutto quanto non può restare identico all’infinito. Poi si
era mossa nervosamente nella stanza, infine era andata a sedersi, come cercando
dentro di sé una calma maggiore, nell’attesa che almeno si annuisse alle sue
convinzioni. I miei pensieri sono forgiati in un metallo pesante e
indistruttibile, pensava, sono certa delle mie riflessioni, non vedo niente in
grado di cambiare ciò di cui sono convinta.
Lui allora aveva
detto qualcosa tanto per alleggerire la situazione: non c’è niente che
imprigioni le idee, se non la convinzione che non possa esistere altro di
maggiormente adeguato alla realtà che non sia il proprio pensiero. Aveva
parlato quasi sottovoce, come a se stesso, e intanto si era alzato, e aveva
girato lentamente nel grande soggiorno, quasi la verità fosse là dentro, forse
in un angolo, magari proprio tra un mobile di legno e una parete, ma poi era
tornato a sedersi, proprio dov’era stato seduto fino ad allora, sulla grande e
comoda poltrona che prediligeva.
Lei lo aveva
osservato, aveva forse intravisto qualcosa di ridicolo in quei modi, ma di quel
suo piccolo pensiero non era neppure riuscita a spiegarsene il vero motivo. Poi aveva aperto una vecchia rivista illustrata,
rimasta da qualche giorno sul
tavolinetto lì accanto, limitandosi a voltare le pagine e ad osservarle,
ma con distacco, quasi con disinteresse. Certe volte invidio
la tua calma,
aveva detto; ma è evidente che in
un momento così sarebbe auspicabile per tutti.
Ad un tratto era squillato il telefono, e lui aveva
risposto senza spostarsi minimamente da dove si trovava. Lei aveva osservato
l’espressione consueta che gli si era formata sul viso, e il debole sorriso che
aveva formato nel dire: buonasera Fabrizio, ci sono novità? Poi era rimasto in
silenzio, ascoltando con attenzione quanto gli veniva riferito. Era difficile per
lei comprendere qualcosa dai suoi gesti oppure dagli sguardi, ma ugualmente
cercava di tradurre in pensiero quanto poteva soltanto immaginare. Lui aveva
detto: si potrebbe tentare…, senza che fosse chiaro a che cosa si riferisse; ma
quel senso di debole speranza compresa in quelle parole, era già sufficiente a
farle immaginare qualcosa di positivo, un cambiamento, una spinta verso una
nuova direzione.
Appoggiò la rivista e tornò ad alzarsi dalla sua
poltrona, si avvicinò alla finestra, osservò la serata imminente tra gli alberi
del piccolo parco di fronte, e attese che la telefonata si concludesse con dei
saluti ordinari. Non ci sono molte speranze, disse lui dopo una piccola pausa.
Fabrizio dice che le cose sono ormai compromesse, per ora è salutare per noi
continuare a non farci vedere in azienda, ma secondo lui per domani potrebbe
essere addirittura auspicabile per noi allontanarsi dalla città. Lei parve
punta con uno spillo, si volse di scatto e lo osservò con occhi quasi sgranati.
E’ inammissibile, disse. Ci dovrà pur essere una soluzione diversa. Un silenzio
di piombo si introdusse velocemente dentro al salone, lui continuava ad
osservare qualcosa sul pavimento, lei a seguirne il profilo. Siamo spacciati,
disse con un filo di voce, come parlando a se stesso; possiamo soltanto
defilarci, i soldi e le proprietà fortunatamente sono già ben al sicuro.
Bruno Magnolfi
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