Fruscia
il vento tra le foglie degli alberi, quasi un richiamo, un incoraggiamento a
fare, a pensare, a discutere. A motivare i propri comportamenti, anche, come se
tutta quest’aria che si muove non portasse con sé anche qualcosa di diverso da
accettare, così, senza il desiderio di ulteriori spiegazioni, accogliendo ogni
idea, ogni soluzione, indipendentemente da qualsiasi altra possibilità.
Giovanni
pensa di sé di non essere adatto a cogliere quelle intuizioni che gli
piacerebbe fossero alla sua portata. Ciò nonostante esce di casa, passeggia per
le strade, a volte saluta qualche conoscente che incontra. Ci si muove sempre e
solo su uno stesso piano, pensa, soltanto in casi rarissimi sembra che il
dialogo riesca ad approfondire le nostre riflessioni, ma questa percezione
generalmente evapora con rapidità, lasciando poco più che il niente dietro di
sé.
Lui
entra in biblioteca, conosce l’impiegata, le dice che vorrebbe tanto leggere un
libro che gli aprisse la mente, che gli desse qualche spiegazione su ciò che
lui avverte, ma che non riesce mai ad afferrare. Non è un bramosia di
conoscenza la sua, solo la volontà di venire a contatto con ciò che sente davvero
dentro sé, quell’aspetto misterioso che lo fa sentire estraneo a tutto, quasi
fuori dai comportamenti abitudinari che pur vorrebbe avere.
Una
frequentatrice della biblioteca, casualmente accanto a lui, gli dice che è
strano che non si sia già riferito ad una disciplina mistica, in quanto sembrerebbe
proprio ciò di cui lui sente il bisogno. Giovanni la guarda, lascia correre
senza replicare niente, poi saluta i presenti ed esce dalla biblioteca. Non
sente la necessità di rinchiudersi in qualcosa che stringa ancora di più la sua
sofferta solitudine: ha bisogno degli altri, di parlare, di comprendere, di
ascoltare le diverse concezioni, di valutare la sensibilità delle persone
quand’essa si manifesta, e di confrontarla con la sua, ma soprattutto di dar
fiato a quella voce che nasconde dentro, come ingrediente quasi estraneo alla
vita e all’esistenza.
Torna
a girare per le strade, Giovanni, il suo sguardo chiede aiuto, i suoi passi
cadenzati vorrebbe fossero una marcia di avvicinamento a ciò che gli sta a
cuore, ma si rende conto che quel salto di qualità che forse ci vorrebbe per
svelare i suoi interrogativi, è ben lontano dal farsi avanti. Infine si
immobilizza sopra al marciapiede, si guarda attorno, ferma la prima persona che
passa accanto a lui, e chiede: sono qui, resto immobile adesso, ho bisogno soltanto
di sapere verso dove devo dirigermi, come posso fare per utilizzare il lavorio
che sento dentro me, affinché magari sia utile a qualcuno, o almeno mi metta in
contatto con chi sente la stessa mia inquietudine, con chi non vive appagato
senza cercare qualcos’altro. La persona osserva Giovanni in fondo agli occhi,
dice: non so, forse è soltanto dato da un’anomalia biologica quello che senti,
probabilmente è un qualcosa destinato a scomparire nella coscienza delle
generazioni che verranno, quando tutto sarà migliore, in quel futuro purificato
dagli errori di adesso; devi crederlo anche tu, perché la genetica porterà senz’altro
dei miglioramenti, anche il pensiero forse apparirà più semplice, e persino il
tuo malessere di oggi infine scomparirà del tutto.
Bruno
Magnolfi
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