sabato 11 agosto 2012

L'arbitro di sempre.


            
            Nel quartiere il ragazzo era conosciuto come un tipo serio, taciturno, che certe volte si metteva a guardare gli altri mentre in un campetto giocavano al pallone, senza chieder mai loro di far parte di una squadra o di quell’altra, evitando persino di avvicinarsi un po’ di più, tanto da permettere agli altri di chiedergli qualcosa: fare l’arbitro, ad esempio, contare i punti, calcolare i tempi di gioco, cose del genere. Lui stava lì, con estrema serietà, osservava la partita seduto con il viso tra le mani, oppure in piedi, con le mani sprofondate nelle tasche, l’espressione identica, immobile. Poi, appena prima che finisse la partita, se ne andava....

Questo racconto non è più fruibile su questo blog in quanto sotto contratto con Lillibook Edizioni.
           
            Bruno Magnolfi      

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