Nel
quartiere il ragazzo era conosciuto come un tipo serio, taciturno, che certe
volte si metteva a guardare gli altri mentre in un campetto giocavano al
pallone, senza chieder mai loro di far parte di una squadra o di quell’altra,
evitando persino di avvicinarsi un po’ di più, tanto da permettere agli altri
di chiedergli qualcosa: fare l’arbitro, ad esempio, contare i punti, calcolare
i tempi di gioco, cose del genere. Lui stava lì, con estrema serietà, osservava
la partita seduto con il viso tra le mani, oppure in piedi, con le mani
sprofondate nelle tasche, l’espressione identica, immobile. Poi, appena prima
che finisse la partita, se ne andava....
Questo racconto non è più fruibile su questo blog in quanto sotto contratto con Lillibook Edizioni.
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Bruno
Magnolfi
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