La
casa sul fiume pareva come solcare incessantemente le acque, indirizzando la
prua non verso una vera e propria direzione, ma quasi auspicando un mare remoto
che doveva esserci per forza laggiù, da qualche parte, in fondo a quella
corrente. Lei dalla finestra del primo piano osservava il tremolare dell’erba
lungo la riva, mentre attendeva con impazienza il suo ritorno, come ogni sera,
la cena pronta nel forno, la volontà solita di rompere al più presto possibile
quella insopportabile solitudine, immersa completamente dentro l’attesa.
Poi
sentiva la macchina arrivare sul retro, lo sportello sbattuto, le scarpe sopra
i tambureggianti gradini di legno. Avrebbe sempre voluto urlare in quel
momento, inscenare un dolore che non sapeva neanche lei da dove potesse
provenire, se non da ognuno di quei pomeriggi dolenti, silenziosi, marcati solo
dal viaggio, dallo spostamento costante e continuo di tutta la sua abitazione,
controcorrente, non verso il mare, ma verso le montagne lontane, dove stavano le
sorgenti di tutte le cose. L’acqua scorreva al suo fianco, la navigazione era
lenta e costante, certe volte l’orizzonte pareva quasi a portata di mano.
Era
felice del suo ritorno, certo, ma dentro a quel sentimento qualcosa sembrava
assorbirne ogni dimostrazione, come se il tempo solitario appena trascorso ne reclamasse
per sé almeno una parte. Quello era il momento più difficile del giorno, quel
veloce trapasso da una stato a quell’altro: qualsiasi cosa sarebbe stata
migliore potendo evitare quell’attimo. Certe volte aveva voglia di piangere, in
altre occasioni era andata persino a nascondersi, come ad evitare una fase che
il suo spirito non riusciva a sorreggere. Si sentiva raggiunta in quel momento,
affiancata da lui, come se il suo lento percorrere il fiume avesse trovato in
quell’attimo qualcosa capace di farle piegare la testa, inchinata ad una specie
di volontà superiore.
Certe
volte si sentiva soltanto come una bambina; non ne aveva mai parlato con lui:
lui l’abbracciava, le sussurrava piccole dolci frasi, mostrava la sua gioia, forse
gli sembrava di incarnare ogni volta il ritorno dell’eroe senza meriti, quello che
torna e basta, come è giusto che sia, lasciando alle spalle, con indifferenza,
una battaglia vinta oppure perduta. Lei certe volte sentiva la sua presenza
ancora distante, ma lasciava che tutto scorresse con naturalezza, come il fiume
là accanto, anche se il suo inconfessato dolore pareva gonfiare poco per volta
il suo stato, spingerla via, come un vento impetuoso, lontano il più possibile
da quella terribile attesa.
Infine
tutto accadde come per caso: lei uscì di casa per non sentire quel morso, seguì
incantata l’onda del fiume che quel giorno pareva lasciarla navigare in maniera
molto più libera di quanto si fosse mai immaginata, e quando lui tornò a casa,
semplicemente, lei non c’era più.
Bruno
Magnolfi
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