mercoledì 28 novembre 2012

Piccoli spostamenti.2.


            Sono sempre più convinto che voi abbiate tutti torto, penso, che non valga neppure la pena di stare ad ascoltare le vostre parole, le spiegazioni insensate che riuscite a mettere assieme. Osservo la strada che scorre sotto alla mia terrazza, e mi viene da ridere nel vedervi piccoli, sempre di corsa mentre vi muovete avanti e indietro alla ricerca di chissà che cosa. Rifletto sulle parole che ho appena ascoltato alla radio, mi sembrano solo tentativi falliti di spiegazione della realtà, e mi sento sempre più lontano dalle vostre idee, convinto della mia differenza di impostazione. Mi sono permesso uno strappo in avanti, penso, questo è il punto, adesso tutto il resto, anche voi, rimane semplicemente dietro di me.
            Poi mi siedo, appoggio una mano sul piano dello scrittoio, sposto alcuni libri, dei fogli, le mie penne per scrivere: non riuscirò a fare niente neppure stasera, penso, ma l’impianto di tutto quello che voglio dire ce l’ho, pervade ogni pensiero che mi passa dentro la testa, riesce a riempirla di significati, di senso, come una brezza improvvisa che gonfia le vele delle barche rimaste piantate fino ad ora nella bonaccia, durante la regata estiva sul lago.
            Di getto prendo un foglio, una matita, scrivo: forse potrei insegnare a qualcuno le mia esperienza, la mia maniera di vedere le cose; non perché abbia particolare importanza, ma soltanto perché in questa maniera voi forse riuscireste ad essere diversi da me, a scansare quegli ostacoli che non sono riuscito mai a togliere dal mio cammino, con i quali molto spesso ho dovuto perfino fare dei conti.
            Torno a spostare i libri da una parte all’altra del tavolo, a sistemare in un ordine diverso tutte le mie matite, mettere la sedia più accanto a questo scrittoio, e a schiarirmi la voce. Forse potrei dire cosa ho immaginato fin dall’inizio di questa faccenda, penso, così torno a scrivere: sembra strano, ma sono sicuro di non ricordare perfettamente tutto quanto, perché sono sicuro che la memoria poco per volta addolcisca le cose, le faccia diventare migliori, più familiari, in un modo tale che tutto ciò che succede, in una maniera o nell’altra, riesce dopo un po’ ad assumere un senso compiuto.
            Poi torno ad alzarmi e ad uscire sopra al terrazzo. Un vento leggero sembra spiri dal gruppo di case di fronte, quasi che la natura si stia adattando poco per volta alle invenzioni degli uomini, al loro ingegno, ai pensieri che hanno, e così torno a guardare la strada che adesso pare quasi un fiume di gente che si muove sopra l’asfalto. Il mio malessere è forte, penso, quasi quanto la mia distanza da tutto; sarà difficile riuscire a descrivere questo, tanto vale gettare via la carta su cui stanno scritti i miei appunti, queste poche parole, e restare sopra al terrazzo ad immaginare le barche che bordeggiano lente tra i marciapiedi e i palazzi, e guadagnano il largo, spinte da questo inusuale profumo di vento.

            Bruno Magnolfi

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