Gyorgy
sta assolutamente immobile nella sua posizione, anche se sa che stasera non è
stato legato al suo letto come in genere capita. Sente il tepore del suo stesso
corpo, e questo basta a rassicurarlo, forse non ci sarà alcuna necessità di
farsi del male, pensa, come è successo in altre occasioni. Tra poco
probabilmente il suo amico sarà qui, come sempre, a soffiargli parole
incomprensibili dentro le orecchie, a ridere di lui, a tormentarlo e farlo
innervosire semplicemente con la sua insopportabile presenza. Intanto però lui
può pensare, prepararsi ad affrontarlo, elencare dentro di sé le tante cose da
dirgli, da urlargli contro appena sarà in questa stanza, una volta giunto, come
quasi tutte le sere, fino a quando qualcuno non gli farà la sua solita iniezione.
Questo
letto è duro, scomodo, pensa Gyorgy, ma tutto quanto non ha alcuna importanza:
comunque resto fermo, pensa, indifferente a questa situazione di attesa, però
pronto ad affrontare il mio amico. Lo pensano tutti che è meglio diffidare di
chi dice che fa qualcosa per te, per il tuo bene, per favorirti; sono soltanto
menzogne, non esiste un amico che lo sia per davvero, sono soltanto della gentaglia
che finge di avere una natura altruista solo per ridere, per prendere in giro.
Forse
dovrei muovermi, pensa ancora Gyorgy, ma se non lo faccio è soltanto per non
mostrare di sapere che stasera non sono stato legato al mio letto. E poi
qualcosa sembra apparire in fondo alla stanza. E’ il mio amico che viene, pensa
Gyorgy con profonda certezza, anche se con una sicura apprensione. Ma presto si
accorge, al contrario di sempre, che stasera sono due gli amici arrivati da
lui, sono ben due che si apprestano a dirgli le cose di sempre e a tormentarlo.
Si
avvicinano, parlano tra loro sottovoce come fingendo di ignorarlo o di non
accorgersi affatto di lui; o di essere lì soltanto per caso, non rispondendo ad
un disegno preciso, e fare in modo che Gyorgy si agiti ancora di più, in
risposta a quella incertezza, che si innervosisca, che inizi ad urlare contro
di loro e che alla fine proprio per questo venga di nuovo legato al suo letto
fino a ricevere la solita iniezione. Ora basta però, questo è troppo, pensa
Gyorgy già a voce alta. Sono un professore, un insegnante di filosofia, ci
vuole del rispetto per persone come son io.
Stavolta
però i due amici lo guardano, hanno un’espressione curiosa, restano forse
colpiti dalle parole che ha pronunciato. Mi pare ci sia qualcosa che accada
senza che si riesca a capire cosa mai possa essere. I due amici si guardano tra
loro, uno si allontana, l’altro si accosta maggiormente al mio letto: dice
qualcosa, mi soffia le parole dentro le orecchie, l’altro lo guarda, ad una
distanza direi di sicurezza. Sono legato, penso come per loro, non posso
muovermi. Eppure se alzo un braccio riesco a vedere la mano davanti ai miei
occhi; faccio la stessa cosa con l’altro. I miei legami stasera sono diversi,
penso, di altra natura. Solleva il busto, Gyorgy, guarda con severità i due
amici, e loro si allontanano di un passo, poi di due, infine se ne vanno.
Preferisco
la solitudine, pensa ancora Gyorgy mentre resta seduto, immobile nella
posizione che è riuscito a raggiungere, piuttosto che confrontarmi con delle
persone impossibili, che non hanno niente di serio da dire, se non prendere in
giro, provocarmi, farmi urlare cose sconclusionate contro di loro. Stasera è
una buona serata, pensa; i miei legami sono deboli, questo letto mi sostiene, forse
non avrò ancora bisogno di urlare per fronteggiare quegli individui.
Bruno
Magnolfi
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