Per
lungo tempo lei continuava a toccare le punte dei suoi stessi capelli,
guardando nel vuoto che aveva in genere davanti a sé. Poi smetteva, si
interessava di qualcosa, magari si muoveva sopra la sua sedia, e infine
ricominciava, proprio come prima. L’inserviente spesso la guardava senza
insistenza, però si vedeva che ne subiva la fascinazione, quasi fosse
innamorato, anche se forse semplicemente continuava solo a chiedersi come fosse
possibile che una ragazza bella come lei fosse finita là dentro, senza le
capacità per godersi la vita, per sentirsi almeno come tutti, amare e lasciarsi
amare come sarebbe stato giusto, almeno secondo lui.
Ci
teneva molto ai suoi lunghi capelli, se li curava e pettinava infinite volte
con la spazzola che aveva sempre con sé durante tutta la giornata, ma ad un
certo punto se li lasciava legare per andarsene a letto, proprio nello stesso
momento in cui gli infermieri le davano anche la sua medicina per riuscire a
dormire. Normalmente pareva quasi indifferente agli altri, ma secondo lui era
soltanto un’apparenza: era sufficiente dirle che aveva dei magnifici capelli
per vederla distogliere lo sguardo da quel niente da cui sembrava perennemente
attratta, e notare sul suo viso una smorfia che era quasi un sorriso, come se a
lei fosse sufficiente una semplice parola come quella per tirare avanti. Forse
nella sua mente c'era davvero quel niente che dicevano i medici, ma lui
sembrava proprio non crederci, e spesso tornava a guardarla di nascosto, mentre
lei lasciava trascorrere le giornate restando seduta con indifferenza.
Un giorno non
c'era: la visita dal medico, dallo specialista, oppure qualche problema di un altro
ordine, aveva pensato l’inserviente: ed anche il giorno dopo la sua sedia nella
saletta principale era rimasta vuota, e così per altro tempo, fino a quando
però era ricomparsa, all'improvviso, l’espressione di sempre, la stessa aria,
ma con i capelli ormai tagliati corti, a spazzola, prova evidente di un
tracollo profondo che doveva sicuramente essere intervenuto. Lui l'aveva
osservata a lungo, le si era anche avvicinato, forse per dirle qualcosa, magari
per vedere se c'era stata una qualche reazione importante al nuovo stato di cose,
ma lei era rimasta immobile, indifferente com'era sempre stata. Lui le aveva
sfiorato i capelli, lei lo aveva lasciato fare, come fosse una cosa permessa in
momenti del genere.
Quando l’inserviente
si era allontanato per riprendere i suoi compiti lei era rimasta ancora lì,
nella stessa maniera, fino a quando però
aveva voltato gli occhi, come a cercare qualcosa, quasi le mancasse un elemento
importante: forse addirittura quella stessa carezza che lui le aveva lasciato
su quel che restava dei suoi capelli. In seguito era tornato da lei, le aveva
accarezzato di nuovo la nuca, lei aveva chiuso i suoi occhi, ma giusto un
momento, senza fare alcuna altra mossa; lui aveva sorriso, lei forse si era
sentita apprezzata.
Questo fu lo
scambio che iniziarono a darsi quasi ogni giorno, tutte le volte che ce n’era
la possibilità, fino a quando lei un giorno si volse, lo guardò per un attimo,
socchiuse la bocca e infine sorrise, come un regalo quasi ineguagliabile,
almeno per un inserviente.
Bruno Magnolfi
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