Stufo di tutto, stanco da morire, brancolo la sera tardi lungo una strada
che neppure riconosco. Succede di dover ammettere un errore, ma adesso tutto
quanto sembra inutile, persino la faticosa correzione di quello sbaglio. Se ci
penso credo addirittura di potermi rallegrare dell’aver perso poco per volta i
miei punti di riferimento, tanto da riflettere che tutto d'ora in avanti sarà
semplicemente da ricostruire, come qualsiasi altra cosa da rifare, scartata
ormai l'originale, come non rispondente alle attese.
Mi fermo davanti ad un cinema chiuso, osservo i manifesti del film in
programmazione. Non conosco questa pellicola, non ho mai sentito parlare né del
regista né degli attori. Mi chiedo come sia possibile che tutto giri in questa
maniera, che io abbia perso poco per volta il contatto con la realtà minuta, e
che le cose seguano un percorso così diverso dal mio. Si ferma un uomo, vede
che sono attratto da questi cartelloni, mi chiede cosa ne pensi, ed io gli dico
che c'è qualcosa che non capisco in quelle informazioni, che mi sembrano quasi
di una natura diversa dalla mia. L'uomo dice ridendo che è tutto uguale, che non c'è da preoccuparsi. Poi spiega la
storia del film, lo ha visto sere fa, dice: tratta di un amore difficile tra un
uomo ed una donna, un rapporto come ce ne sono in giro di infiniti. Lo lascio
parlare, lui spiega che l'idea buona che porta avanti la trama sta nel fatto
che le cose tra l'uomo e la donna scivolano via senza alcun impegno, come se
ogni vicenda che si snoda non fosse neppure cercata, né dall’uno né dall’altra.
Forse è questa la differenza, penso: evitare di concentrarsi sugli
accadimenti sotto agli occhi di chiunque è migliorativo, a differenza di ciò
che ho sempre creduto. Così dico: forse mi piacerebbe vedere il film, ma non ho
mai il tempo per dedicarmi a questo genere di cose. Lui annuisce con la testa, sorride
come chi sa perfettamente dove andrà a cadere l’argomento, ed io improvvisamente
vorrei quasi allontanarmi, ritrovare quella solitudine che mi pareva un elemento
prezioso nella mia serata, ma lui all'improvviso dice che può narrarmi tutta la
storia di questa pellicola, se voglio, tutta la vicenda descritta là dentro;
certo, chiarisce, non sarà come assistere alla proiezione, però quasi. Gli dico
che va bene, posso stare ad ascoltarlo senza alcun problema, ma poi ci ripenso:
se mi capitasse in seguito di andare al cinema, magari con qualche amico, gli dico
con una certa serietà, probabilmente dovrei andare a vedere un altro film,
perché di questo ormai ne saprei già a sufficienza, tanto da sembrarmi una
ripetizione starlo a vedere. Lui ci pensa, dice che forse ho ragione, e aggiunge
che un film narrato è comunque un'altra cosa. Si, è vero, dico, comunque siamo
d'accordo.
Quando vado via lui mi saluta con un gran sorriso: sono bravo a raccontare,
dice. Ci credo, fo io, forse mi piacerebbe sentirtelo fare, se solo avessi
tempo, se soltanto ci fosse la possibilità per me di stare ad ascoltarti. Lui
dice che non ha importanza, la contemporaneità prevede tempi stretti per questo
genere di cose: forse dovremmo prenderci tutti una pausa qualche volta, ma poi
ride, proprio mentre si allontana.
Bruno Magnolfi
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