Adesso esco, devo
uscire al più presto, per forza, anche se veramente non so neppure perché io
debba proprio andare, ma clamorosamente sono consapevole di essere già in forte
ritardo, così come ho anche l’improvvisa certezza del fatto che mi stanno
indubbiamente aspettando con grande impazienza là fuori, e che forse sono anche
un po’ stufi o perfino rassegnati del mio solito comportamento poco corretto.
Chiudo la porta, volo rapidissimo lungo le scale del condominio, ma infine mi
accorgo di essermi dimenticato di prendere i soldi. Così mi immobilizzo per un
momento in un gesto di stizza, poi torno indietro, appena per un attimo mi
ritrovo ancora nel mio appartamento, cerco ciò che mi serve, ma adesso mi sento
quasi scoraggiato, anche se riprendo con impegno la corsa, praticamente
cosciente del fatto che il tempo non è mai un elemento controvertibile.
Per strada sembrano
tutti tranquilli, si guardano attorno, sorridono, qualcuno si ferma ad
osservare certe vetrine; io immagino
soltanto le facce dei miei amici del bar, pronti come sempre a portarmi con
loro, a farmi entrare ancora una volta in una storia come sanno metter su solo
loro, forse un po’ anche da inventare al momento, magari da rendere viva grazie
a qualche trovata, ma certamente da escogitare con orari precisi, senza
attendere niente. Rallento, mi sento affannato, vorrei essere spesso più
tranquillo di quanto sono cosciente di essere e soprattutto mostrare, così mi
fermo appena un secondo sul marciapiede, mi guardo indietro, tiro un lungo
respiro, e infine riprendo con un passo più calmo, fino ad arrivare al locale.
Se ne sono già andati, dice il barista che conosco
da sempre. Vorrei piangere, mi dispiace avere deluso i ragazzi ancora una
volta, ma non c'è niente da fare, sono fatto così, sono sempre in ritardo, non
riuscirò mai a cambiare. Mi siedo ad un tavolo, prendo una birra, attendo che
il mio pessimo umore riprenda un po' fiato, però sono giù, mi sento uno scemo,
dovrei assolutamente evitare di far sempre queste figure. Mi chiedo dove siano
andati tutti gli altri, magari a far baldoria da qualche parte dove vorrei
tanto essere anch’io, ma non posso assolutamente immaginare che cosa sia
passato nelle loro teste stasera, e verso dove quel qualcosa li abbia portati.
Sorseggio la birra, guardo il video musicale in
funzione di fronte a me sulla parete, e cerco di apparire sostanzialmente
indifferente quando chiedo al cameriere se sappia per caso verso dove si siano
diretti i miei amici. Lui scuote la testa, non ha sentito dire neppure una
frase per sbaglio a riguardo, mi spiega; l’unica cosa che mi può confermare è
quella per cui sembra mi abbiano aspettato quanto più è stato loro possibile.
Lo ringrazio comunque, forse potrei telefonare adesso, cercare in qualche modo
di raggiungerli, penso, ma ormai non sarebbe più la medesima cosa, perciò è
inutile anche rifletterci. Mi guardo ancora attorno, credo di aver perso molto
con questa serata mancata, forse qualcosa che non ritornerà mai più indietro,
di cui dovrò rammaricarmi chissà per quanto tempo. Così infine mi alzo, pago la
birra, mi appresto ad uscire da questo stupido locale, per quello che ho da
fare posso tranquillamente tornarmene nel mio appartamento, perciò apro la
porta, esco nel fresco della strada, e i miei amici adesso sono li, di fronte a
me, che mi fanno cenno con la mano, come mi avessero aspettato fin dall'inizio.
Li raggiungo, sono senza parole, ma vorrei ringraziarli in qualche modo, mi
pare un miracolo essere ancora insieme con loro, ma poi lascio perdere, a cosa
serviranno mai le mie sciocche frasi, rifletto: non cambierò, questo è il
punto, non riuscirò mai a cambiare il mio comportamento, tanto vale farsene da
subito una ragione.
Bruno Magnolfi
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