mercoledì 13 gennaio 2016

Lontano da qui.



Per favore, già che vai di là, prendi le mie pastiglie, Giovanni. E dove le hai messe, fa lui, che notoriamente non riesce mai a trovare niente delle cose che servono. Non so, forse le ho appoggiate sul ripiano dell’armadietto di cucina. Anzi, lascia perdere, vengo io a cercarle, tanto ormai ho infilato le pantofole. Fuori dalle finestre è ancora quasi buio, guardando bene si intravede soltanto una striscia di chiarore appena sopra il profilo delle colline basse oltre la distesa smisurata delle case. In quell’ultimo piano del palazzo sembra quasi di possedere in certi casi una speciale sensibilità, un potere pronto a registrare qualsiasi micro variazione in funzione del clima e dell’orario durante la giornata, come se quel piccolo e scomodo appartamento in affitto fosse più inserito dentro alla volta del cielo sopra l’immensa vallata occupata dai quartieri della città, che appoggiato ai mattoni e al cemento di tutte le costruzioni da cui è strettamente circondato.
Abbiamo terminato il caffè, fa lei, dobbiamo ricordarci di andare a comprarlo. Giovanni, mi stai ascoltando, o sei già immerso nelle tue cose? No, no, dice lui, sono qui, magari appuntiamolo sul solito taccuino. Va bene, dice lei, mi sa che devo mettere l’impermeabile anche oggi, la giornata non promette niente di buono. Ieri sono andata al lavoro con la gonna e nel camminare sui marciapiedi pieni di buche con l'acqua mi sono schizzata tutte le gambe, tanto che appena arrivata in ufficio sono dovuta entrare in bagno a sistemarmi. Basta un niente certe volte per renderti la giornata praticamente insopportabile. Giovanni, mi stai ascoltando o ti sei già perso nei tuoi pensieri? Sono qui, fa lui, però stavo osservando qualcosa laggiù, pare ci sia come una luce, un riflesso, forse un piccolo incendio, non saprei dire.
Lei senza interesse guarda fuori dai vetri mentre butta giù una pastiglia rosa aiutandosi con un bicchier d’acqua: è soltanto il riverbero di una finestra, dice poi senza alcuna inflessione. Dovresti smetterla di trascorrere le giornate a guardare le cose più strane che ci circondano, Giovanni; finirai per convincerti chissà di che cosa. Lui si discosta dalle tendine, mette sul fornello la caffettiera già pronta, prepara sul tavolo due tazze bianche, e infine, mentre lei torna in camera, ritorna a guardare qualcosa tra i tetti e le case in fondo a quel quartiere. Ha preso fuoco qualcosa, laggiù, dice tra sé; se soltanto avessi un binocolo potrei almeno sincerarmene. Un binocolo, dice poi ad alta voce, ecco cosa mi piacerebbe. Lei torna ormai già completamente vestita, lo guarda solo un momento, ma in modo sufficiente a mostrare così la sua contrarietà all’argomento, e infine aggiunge del latte nella sua tazza.
Una sirena lontana sembra voglia sottolineare qualcosa di grave che sta succedendo proprio in questo momento, e Giovanni torna subito a cercare di vedere il punto di prima, dove ormai si notano con evidenza delle lingue di fiamma e del fumo nero mentre escono mescolandosi in aria da una finestra. Poi un forte scoppio fa volare in un attimo tutti i piccioni di quella zona, quasi a rendere visiva a tutti la drammaticità della situazione. Loro due allora si accostano alla finestra e cercano di guardar bene con occhi sgranati, ma il telefono squilla, e lei fa cadere involontariamente sul piano del tavolo la tazza con dentro il caffè. Buongiorno, dice qualcuno all’apparecchio, posso fare delle domande per un sondaggio? No, non è il caso, risponde Giovanni. Va bene, dicono all’apparecchio, la ringraziamo comunque: volevamo soltanto monitorare la vostra eventuale disponibilità ad un servizio del genere, quindi è sufficiente così; buona giornata.


Bruno Magnolfi

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