Per favore, già che vai di là, prendi le mie
pastiglie, Giovanni. E dove le hai messe, fa lui, che notoriamente non riesce
mai a trovare niente delle cose che servono. Non so, forse le ho appoggiate sul
ripiano dell’armadietto di cucina. Anzi, lascia perdere, vengo io a cercarle,
tanto ormai ho infilato le pantofole. Fuori dalle finestre è ancora quasi buio,
guardando bene si intravede soltanto una striscia di chiarore appena sopra il
profilo delle colline basse oltre la distesa smisurata delle case. In
quell’ultimo piano del palazzo sembra quasi di possedere in certi casi una
speciale sensibilità, un potere pronto a registrare qualsiasi micro variazione
in funzione del clima e dell’orario durante la giornata, come se quel piccolo e
scomodo appartamento in affitto fosse più inserito dentro alla volta del cielo
sopra l’immensa vallata occupata dai quartieri della città, che appoggiato ai
mattoni e al cemento di tutte le costruzioni da cui è strettamente circondato.
Abbiamo terminato il caffè, fa lei, dobbiamo
ricordarci di andare a comprarlo. Giovanni, mi stai ascoltando, o sei già
immerso nelle tue cose? No, no, dice lui, sono qui, magari appuntiamolo sul
solito taccuino. Va bene, dice lei, mi sa che devo mettere l’impermeabile anche
oggi, la giornata non promette niente di buono. Ieri sono andata al lavoro con
la gonna e nel camminare sui marciapiedi pieni di buche con l'acqua mi sono
schizzata tutte le gambe, tanto che appena arrivata in ufficio sono dovuta
entrare in bagno a sistemarmi. Basta un niente certe volte per renderti la
giornata praticamente insopportabile. Giovanni, mi stai ascoltando o ti sei già
perso nei tuoi pensieri? Sono qui, fa lui, però stavo osservando qualcosa
laggiù, pare ci sia come una luce, un riflesso, forse un piccolo incendio, non
saprei dire.
Lei senza interesse guarda fuori dai vetri mentre
butta giù una pastiglia rosa aiutandosi con un bicchier d’acqua: è soltanto il
riverbero di una finestra, dice poi senza alcuna inflessione. Dovresti
smetterla di trascorrere le giornate a guardare le cose più strane che ci
circondano, Giovanni; finirai per convincerti chissà di che cosa. Lui si
discosta dalle tendine, mette sul fornello la caffettiera già pronta, prepara
sul tavolo due tazze bianche, e infine, mentre lei torna in camera, ritorna a
guardare qualcosa tra i tetti e le case in fondo a quel quartiere. Ha preso
fuoco qualcosa, laggiù, dice tra sé; se soltanto avessi un binocolo potrei
almeno sincerarmene. Un binocolo, dice poi ad alta voce, ecco cosa mi
piacerebbe. Lei torna ormai già completamente vestita, lo guarda solo un
momento, ma in modo sufficiente a mostrare così la sua contrarietà
all’argomento, e infine aggiunge del latte nella sua tazza.
Una sirena lontana sembra voglia sottolineare
qualcosa di grave che sta succedendo proprio in questo momento, e Giovanni
torna subito a cercare di vedere il punto di prima, dove ormai si notano con
evidenza delle lingue di fiamma e del fumo nero mentre escono mescolandosi in
aria da una finestra. Poi un forte scoppio fa volare in un attimo tutti i
piccioni di quella zona, quasi a rendere visiva a tutti la drammaticità della
situazione. Loro due allora si accostano alla finestra e cercano di guardar
bene con occhi sgranati, ma il telefono squilla, e lei fa cadere
involontariamente sul piano del tavolo la tazza con dentro il caffè.
Buongiorno, dice qualcuno all’apparecchio, posso fare delle domande per un
sondaggio? No, non è il caso, risponde Giovanni. Va bene, dicono
all’apparecchio, la ringraziamo comunque: volevamo soltanto monitorare la
vostra eventuale disponibilità ad un servizio del genere, quindi è sufficiente
così; buona giornata.
Bruno Magnolfi
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