Lei,
mi dice indicandomi col dito un donnone con la faccia arcigna mentre me ne sto
al mercato a girellare quasi senza meta. Questa tizia se ne sta praticamente
ferma dietro al banco di frutta e di verdura, ed io, forse per un timore
probabilmente ancestrale e innato in me, rispondendo a mia volta in qualche
modo istintivo a quel richiamo, mi immobilizzo con immediatezza cosi come mi
trovo, ad appena qualche metro di distanza, assumendo subito un’espressione che
reputo da probabile innocente, quella tipica cioè di chi neppure per sogno si
è mai macchiato di una qualche remota
brutta azione. Dopo appena un attimo di silenzio immagino però che quella donna
verso di me stia facendo semplicemente uno sbaglio di persona, oppure che
voglia soltanto farmi un qualche scherzo, come certe volte riescono ad
improvvisare alcuni commercianti dei mercatini rionali; ma in seguito mi pare
quasi di intuire come questa strana donna che prosegue imperterrita ad
indicarmi col suo dito ed anche a guardare verso di me con espressione più che severa,
non ci stia per niente con la testa, e nelle sue malate fantasie mi abbia
semplicemente fatto incarnare in chissà quale altro individuo, tanto che cerco
a questo punto di schernirmi e di prendere tempo per non cedere a qualcuna
delle sue idee malsane.
Mi
sposto leggermente, girando in parte attorno al banco degli ortaggi, ma lei mi
segue con attenzione ruotando il suo sguardo solidale a me, mentre sembra quasi
che una sorta di ulteriore acredine nei miei confronti continui a tenerla
inchiodata in quella inquietante espressione quasi di rabbia. Mi volto, prendo
tempo senza perderla dal mio campo visivo, ma quella insiste: lei, torna a dire
con voce imperiosa, e poi aggiunge: so per certo che è stato proprio lei.
Scuoto la testa, ammicco un leggero sorriso che denota naturalmente solo un
grande imbarazzo. Qualcuno intanto si gira per guardarmi, si fermano accanto in
diversi perdigiorno, ed io a questo punto non so proprio cosa dire, ed anzi rifletto
che forse qualcosa avrò pure combinato, magari inconsapevolmente, per scatenare
questa assurda reazione del donnone, ma non essendomi reso conto di niente non
intendo certo adesso reagire oppure difendermi, ed anzi credo proprio sia
meglio lasciare che le cose svaporino in un modo del tutto naturale.
Quella però adesso fa un passo
minaccioso verso di me, ed io mi guardo subito attorno cercando in qualche modo
una possibile via di fuga. Venga qui, fa la tizia, ed io muovo appena un mezzo
passo timoroso verso di lei, ma poi basta, perché mi sembra già ampiamente
sufficiente. La riconosco, dice quella, ed io mi sento morire solo al pensiero
di dover dimostrare magari che non sono affatto la persona che lei pensa.
Intanto un uomo anziano mi si accosta, curioso mi chiede sottovoce: ma che è
successo? Ed io non so proprio cosa dirgli, vorrei quasi voltarmi e andarmene
via di passo svelto, senza tante spiegazioni, ma non posso far la figura del
vigliacco che ha paura di qualsiasi cosa, perciò resto lì senza però sapere
cosa dire e cosa fare. Qualcuno poi si rivolge a quella donna, lei si gira e
abbassa lentamente quel suo dito minaccioso, ed io potrei pure approfittare
dell'occasione e defilarmi, però mi sento come paralizzato da questa astrusa
situazione.
Passano un paio di minuti, di
tutti quelli che mi trovo intorno nessuno si rivolge più verso di me, e neppure
quella tizia che mi indicava fino adesso con acredine sembra avere più interesse
a guardarmi anche soltanto di sfuggita, cosi osservo le persone che ho vicino, e
quasi vorrei parlare loro, spiegare che c'era un errore iniziale in tutta la
faccenda, forse uno stupido scambio di persona, ma nessuno all'improvviso
sembra avere interesse per le mie cose, anzi tutti mi voltano le spalle,
ignorano completamente ogni mio stato d'animo, come non fosse successo proprio
niente, ed io allora mi giro, riprendo il mio comportamento, e torno in un
attimo nient'altro che quello che ero fin da subito, una persona come tutte,
uno che girella senza meta tra i banchi del mercato.
Bruno Magnolfi
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