La
signora di fronte abita da sola, ed appare legata ad orari ed abitudini del
tutto ordinari, concedendosi ogni tanto, ma soltanto in certi casi, di fermarsi
a chiacchierare con qualche vicina accanto al portoncino della sua abitazione.
A me non interessa niente dei suoi comportamenti, sia chiaro, ma non posso fare
a meno di notarla, di registrare mentalmente i suoi orari, osservare da dietro
la tendina le sue espressioni, certe volte anche i suoi gesti e persino le sue
maniere, anche se quando poi mi capita di incontrarla per strada, fingo con serietà
e una certa naturalezza che la sua persona per me neanche esista, evitando perciò
qualsiasi cenno o forma di saluto, e addirittura, di fronte alla sua presenza, di
modificare in qualche modo i miei abituali comportamenti. La odio, questo è il
punto principale, anche se non saprei davvero dire che cosa sia in particolare
di lei a scatenarmi questo ferreo sentimento.
Esco
da casa soltanto se già sono convinto di non rischiare di ritrovarmela sul mio
stesso marciapiede, vuoi perché ho scrutato con attenzione per qualche minuto
se magari stesse per uscire a sua volta dal suo appartamento, vuoi perché non
intravedo né a destra e né a sinistra il suo inconfondibile passo lungo la strada,
come sempre si comporta con quei suoi modi soddisfatti nel ritorno da qualcuna
delle sue sortite per fare gli acquisti. Me ne vado ogni volta con la
compiaciuta coscienza di riuscire in questo modo ad allontanarmi da lei, dal
suo mondo, e per questo motivo salire sul tram per andarmene da qualche parte,
diventa per me quasi un gesto felice.
Però
mi fermo, questa mattina priva di impegni, soltanto per andare a sedermi su di
una panchina dei giardinetti poco distanti dal mio quartiere. Apro il giornale,
leggo qua e là qualche titolo, ed improvvisamente la vedo, proprio davanti ai
miei occhi, a pochi passi, mentre senza alcuna fretta ed evitando persino di
guardarsi troppo dintorno, sceglie di venire a sistemarsi anche lei sulla mia
stessa panchina, accanto a me. Resto immobile, leggo, giro una pagina.
Buongiorno, dice lei impersonalmente mentre io la ignoro, poi apre la borsa, ne
tira fuori qualcosa e subito si va a preoccupare soltanto di quel suo
passatempo, un piccolo lavoro all’uncinetto, così mi sembra.
Neppure
per un istante penso di andarmene, anzi resto ancorato al mio posto con tutte
le mie forze, proseguendo a comportarmi con il massimo di indifferenza verso di
lei, anche se nella tensione che provo non riesco neppure più a leggere. Infine
anch’io dico buongiorno, pur in ritardo, proprio per evitare da parte sua un
giudizio su di me come di persona poco educata, e lei sorride, costringendomi
così a girare leggermente la faccia dalla sua parte, pur senza alcuna volontà.
Provo il terrore più forte immaginando che all’improvviso si metta a parlarmi
del clima, o della stagione, oppure di qualche notizia di cronaca intravista
sul mio giornale, ma niente di tutto questo succede. Invece di colpo si gira
dalla mia parte, scruta attentamente il mio profilo, ed infine torna al suo
lavoro con l’uncinetto. Mi chiedo cosa ci sia che l’ha incuriosita, e tento di
stare ancora più immobile di prima, pur nervosamente e quasi sudando per la
tensione. Ma lei dopo un po’ torna a guardarmi, da quei cinquanta centimetri
appena che ci separano.
La
conosco, mi dice alla fine; ho osservato a lungo i suoi orari e tutti i suoi
comportamenti. Non importa se aveva deciso fino a questo momento di ignorare
del tutto il mio abitare proprio di fronte alle sue finestre. Però sappia che
da domani io cambierò radicalmente i miei modi di fare nei suoi confronti:
spiccherò un saluto ogni volta che la vedrò dietro la sua tendina, attraverserò
la strada apposta per augurarle una buona giornata, e non farò mai niente per
evitare di incontrarla, anzi, il contrario; e tenterò così di neutralizzare il
suo comportamento negativo nei miei confronti. Vedremo in seguito, tra qualche
tempo, se risulterà ancora lei il vincitore.
Bruno
Magnolfi
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