Una volta
salutata la mamma che ancora non sa niente, lui corre a perdifiato giù per le
scale del condominio dove abita, fino ad arrivare a spalancare in fretta quel
portone, e poi via lungo la strada anonima, tanto che diverse persone anche
solo sfiorate dal suo corpo adesso sudato sotto la camicia, si voltano ad
osservare per curiosità cosa mai ci possa essere più avanti di così impellente.
In seguito rallenta, infine si mette semplicemente a camminare a passo svelto,
e quando è ormai abbastanza lontano da casa sua si ferma del tutto, proprio a riprendere
fiato, e si piega su se stesso con le mani sulle cosce, ormai stremato per la tensione
e la fatica.
Devo
fare qualcosa, pensa; devo assolutamente trovare una soluzione, ed è importante
che immediatamente sia pronto a tutto. Si rimette a camminare, giunge nella
piazzetta come fa ogni giorno, entra nella sala giochi dove lo aspettano. Non
c’è niente di nuovo, si dice subito tra i ragazzi che lo guardano, sembra che
tutto sia esattamente come ti abbiamo riferito per telefono, pare inutile persino
parlarne ancora. Lui esce senza dire niente, si guarda in giro, poi lo
raggiunge Daniele, si mette semplicemente accanto a lui, appoggiato al muro, come
a mostrargli che vorrebbe tanto aiutarlo, e quando si avviano con esagerata
lentezza, sembra quasi ci sia stato un accordo precedente per quel passo quasi da
bulli navigati.
Certo
che se dovevi fare una stupidaggine sei andato a sceglierti proprio la più
grossa. Dimmi ancora cosa dicevano nei corridoi della scuola, fa lui. Niente,
dice Daniele, che verrai radiato, ad iniziare da subito, e che per uno come te
la scuola deve porre un termine, lo faceva presente a voce alta il preside con
tutti gli insegnanti a fine mattinata, ed oggi pomeriggio decideranno. Però, se
vuoi sapere la mia opinione, sporgerti dalla finestra, calarti dal tubo della
grondaia e poi andartene direttamente saltando la cancellata, è stata veramente
una trovata senza senso. Cosa ci posso fare, fa lui sottovoce, se quella prof
stamani era pedante, insopportabile, e continuava a fare le domande solo a me. Si,
lo so, dice Daniele, ma a volte bisogna riuscire a reggerle certe situazioni.
Va bene, dice lui, adesso però vattene,
che tanto non mi servi a niente. L’altro lo guarda, si allontana di un passo,
poi chiede ancora: cosa pensi di fare adesso? Lui non dice niente,
semplicemente se ne va, sembra che il suo sguardo sia già verso un altrove
incomprensibile, forse potrebbe tornarsene a casa a piangere, dire alla mamma
cosa gli è successo, provare a spiegarsi, o forse andarsene da qualche parte e
farsi vivo soltanto dopo qualche giorno, o anche mai più. La sua testa gli brulica
di pensieri divergenti, nessuna razionalità gli viene in soccorso. Accende una
sigaretta, ma la getta subito via, non ha voglia di niente, non riesce neanche
a comprendere come si sia messo in questa situazione.
Escono dal locale gli altri
ragazzi che fino ad ora erano rimasti a parlottare tra di loro, vanno tutti verso
di lui, ma lui si gira, compie qualche passo nella direzione opposta, poi
ricomincia a correre, fino a sparire dalla vista. Gli viene a mente che qualcuno
gli aveva anche detto che sarebbe stato soltanto lui a pagare, e forse in quel
momento sarebbe stato il caso di ascoltarlo. Torna a fermarsi, forse non è del
tutto una combinazione se si ritrova davanti alla sua scuola, anche se ora gli
pare che il conto sia troppo salato per uno come lui; vorrebbe tanto tornare
indietro, forse dire a tutti che c’è stato uno sbaglio, che adesso avrebbe
soltanto bisogno di un’altra possibilità. Ma l’edificio in questo momento
sembra chiuso, pare che dentro non ci sia proprio nessuno, ed è probabile che la
riunione per decidere proprio su di lui, magari non la faranno neanche là dentro.
O forse hanno già deciso della sua vita, ed adesso se ne sono andati tutti via.
Bruno Magnolfi
A distanza di cinquant’anni una vicenda che in qualche modo si ripete. Nel ’66 un mio compagno veniva radiato da tutte le scuole per essere scappato un giorno senza che lui avesse compreso la gravità di quel gesto. L’ho ritrovato l’estate scorsa mentre lui da cameriere serviva del pesce a me in un ristornate sul mare. Non lo avevo più visto, praticamente da mezzo secolo, e non lo avrei mai riconosciuto, ma lui ha detto soltanto: mi pare di averla già rivista, e così in un attimo abbiamo scoperto tutto quanto. Mi ha detto che non ha avuto neppure la possibilità di prendere la licenza media seguendo delle lezioni serali, grazie a quell’atto forse un po’ borbonico, e i suoi problemi nella vita, che si è trovato ad affrontare così senza alcun titolo, sono stati tantissimi.
RispondiEliminaDopo tutto questo tempo oggi mi ritrovo educatore di un ragazzino di prima media che davanti ai miei occhi apre una finestra e tenta in qualche modo di scappare. Lo blocco, con un certo sforzo lo immobilizzo, lo costringo a terra, lui urla e si dispera. Chiamo aiuto, poi arriva il Preside, dice con risolutezza, in accordo con tutti, che da ora in avanti lui uscirà un’ora prima degli altri ragazzi, e che ai suoi comportamenti così pericolosi bisogna certo mettere un freno.