Improvvisamente tu
muovi il piede in avanti, appoggi lentamente a terra la suola della scarpa
sinistra, fletti leggermente la gamba, lasci avanzare il tuo corpo quel tanto
che serve per riequilibrare l’insieme, però poi ti fermi, come colto d’un
tratto da un forte indicibile dubbio. Lei ti osserva invece con una certa
immobile serietà, ma dopo l’attimo in cui ha calcolato ogni estensione dei
gesti che ormai tu hai compiuto, distoglie leggermente il suo sguardo, come se
avesse già chiaro che probabilmente non avrai mai il coraggio di fare una mossa
ulteriore. Forse intorno a voi due, nell’ampia sala in cui vi trovate, qualcuno
vi sta guardando con curiosità, e questa componente in tutto l’insieme ti crea
senza dubbio un disagio ulteriore, anche se non è in ogni caso l’elemento
essenziale che determina ogni tua futura possibile azione.
Sembra d’improvviso
non ci sia alcuna necessità di parlare, ed il leggero brusio che riempie la
sala d’attesa fa soltanto da colonna sonora ad un incontro che avviene in
questo momento quasi per un puro caso. Lei vicino ha un'amica, che adesso le
chiede qualcosa, le mette a disposizione una sponda, per esempio anche la
possibilità di prendere e andarsene. Tu invece stai solo, ed adesso sei fermo,
non riesci neppure a calcolare la mossa ulteriore da compiere, così ti limiti
ad attendere che qualcosa succeda, magari soltanto per combinazione, oppure che
l'intuito ti aiuti.
Ci saranno a malapena quattro metri e cinquanta tra
voi, ed ogni tanto qualche sbadato passa in mezzo proprio tra te e lei. Tu
allora ti volti su un fianco, osservi distratto il monitor alto sulla parete,
fai perdere persino d'importanza almeno per un attimo la possibilità di un
saluto come si deve. Lei prosegue a non osservarti, anche se rimani
costantemente all’interno del suo campo visivo, ed è evidente come si aspetti
qualcosa da te, qualcosa che facilmente forse lei saprebbe indicarti, ma che tu
molto probabilmente non vorresti in nessun caso seguire.
Accade qualcosa, annunciano un aereo, ed anche se
non è proprio il tuo, guardi comunque l’orologio da polso, fingi impazienza,
controlli la borsa e pensi ai tuoi documenti, come se tutto stesse
rovinosamente andando verso una conclusione al disopra di qualsiasi volontà.
Lei ride, improvvisamente, parlando con la sua amica, forse cerca di assumere
una maschera per mostrare che sta ormai da tutt’altra parte, ed è ben superiore
a ciò che in questo momento si sta consumando. Allora tu muovi l’altro piede in
avanti, tutto il tuo corpo si posiziona di conseguenza in un nuovo assetto, e
quasi staresti per dire una qualche parola, una frase pur breve, forse il suo
nome soltanto, ma la paura di rompere l’equilibrio incantato che gira attorno a
voi due ti fa desistere.
Infine sorridi anche tu, quasi a mostrare a lei che
hai capito perfettamente il suo gioco, e ne sei divertito, in fondo i luoghi
pubblici hanno sempre qualcosa di magico quando riescono a contenere delle cose
private e tanto contorte. Lei porta una mano alla bocca, tu riconosci quel
gesto e all’improvviso la senti vicina, così alzi un braccio, indichi vagamente
con la mano qualcosa, ma lei di scatto si è già voltata, è altrove, forse non
vuole più seguire il tuo gioco. Non è più il momento di dire qualcosa, e
neppure quello di avvicinarti ancora; finisce qui questo incontro, una nebulosa
indistinta che sembra ad un tratto avvolgere qualsiasi emozione, lasciando
semplicemente una lieve amarezza che forse si stemprerà soltanto durante il tuo
volo.
Ti volti, stringi la borsa da viaggio, ti incammini
lentamente verso il gate, fino a quando ti fermi, torni a girarti, la cerchi, e
lei è lì, dietro di te, senza parole.
Bruno Magnolfi
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