Credo
proprio che tu non abbia considerato attentamente le cose, dice lei seccamente.
Sul piccolo palco la luce è calda e la scenografia essenziale: un tavolo di
legno e due sedie; il fondale invece è scuro e la superficie opaca e
assorbente, come una notte quasi del tutto vera. Lui sembra non abbia neppure voglia di
parlare, eppure dice come tra sé che secondo il suo parere non è vero, e che la
descrizione dei fatti semplicemente non è precisa, si possono inserire con
facilità molti dubbi. Segue un silenzio cupo, che fa presagire qualcosa di poco
positivo. Lei si muove, infine appoggia le mani sullo schienale della sedia
libera. Lui non la guarda ma resta comunque attento ad ogni dettaglio. Va bene,
fa lei, in ogni caso credo si debba cambiare, non si può continuare in questa
maniera. Certo, fa lui, sono assolutamente d'accordo, anche se naturalmente non
posso rinunciare alle mie abitudini. Quali abitudini?, dice lei con un tono già
leggermente ironico.
Lui
si alza dalla sua sedia, muove un braccio verso la platea, quasi per un gesto
da eroe, poi sorride, e dice: semplicemente quello che ho sempre fatto in
questi ultimi tempi. Lei ha un moto di rabbia, le pare quasi impossibile dover
affrontare delle sciocchezze del genere in mezzo ad argomenti assolutamente
seri ed importanti come quelli che è riuscita finalmente a far scaturire. Va
bene, dice alla fine guardando improvvisamente dalla parte opposta a dove lui
si è piazzato; se adesso si tratta di trovare un penoso compromesso, dico
soltanto che non sarei per niente d’accordo, ma in ogni caso, giusto a
dimostrazione di quanto voglia essere oltremodo permissiva, intavoliamo pure
anche questo argomento.
Lui
ride nervosamente, forse gli pare di avere già vinto qualcosa, chissà. Sul
fondale si illumina debolmente una zona, una persona appare sullo sfondo, poi
scompare velocemente. Si tratta soltanto di considerare che ognuno di noi con
il tempo matura certi comportamenti ai quali in seguito diventa difficile
rinunciare, dice lui. Per esempio per me tornare in questa casa senza trovarti
sarebbe qualcosa di scioccante, non tanto perché mi sono abituato alla tua
presenza, naturalmente, ma soltanto perché fai parte della mia giornata, dei
miei pensieri, dei miei desideri.
Lei
torna a guardarlo con una vaga espressione di sfida: non crede affatto a quanto
le viene riferito, con ogni evidenza, però al momento sarebbe anche disposta a
fingere di esserne lusingata, magari per ottenere in questa maniera da lui un
credito maggiore. D’accordo, dice alla fine: allora diciamo che potresti
continuare a trovarmi a casa quando rientri, esattamente come sembra ti sia
abituato, però nel frattempo ci sono stati dei cambiamenti che sono molto più
impalpabili, e dei quali ti accorgeresti con più difficoltà e anche poco per
volta; in questo caso quale potrebbe essere il tuo comportamento?
Lui
riflette, si alza dalla sedia, osserva il punto dove poco fa si è visto per un
attimo una figura stagliarsi, poi si gira verso di lei e dice soltanto: non
possono essere delle minacce vere e proprie quelle che porti avanti, altrimenti
senza annunciare niente cambieresti e basta. E’ qui che fai confusione, fa lei:
è naturale anche per me avere delle abitudini, magari proprio simili alle tue;
però le variazioni che potrei apportare non sarebbero di un ordine così netto
da far cambiare i comportamenti da un attimo all’altro, e in tutti i casi non
ti farò mai presente in che cosa effettivamente consisterebbero.
Lui
si sente adesso molto indeciso riguardo cosa controbattere, ed infine resta in
silenzio, gettando però un’altra occhiata sul fondale buio e vuoto: la sua
solitudine improvvisamente si staglia, probabilmente l’avverte anche lui in
modo profondo, perciò potrebbe tentare un recupero finale in quella piccola
discussione. Invece si gira, sgarbatamente, ed alza un dito verso di lei, quasi
come una vera violenza, senza neppure il coraggio di fare altro.
Bruno
Magnolfi
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