domenica 20 marzo 2016

Fratelli per forza.

            

            Ho caldo, urlo a questo tizio che da tutto il giorno sta con me. Forse sarà che ho esagerato con la birra, ma in certe occasioni credo proprio che ci voglia. Era da un pezzo che volevo andarmene un po’ in giro, ma sembra che venga sempre a mancare l’occasione giusta per starsene bene in compagnia e magari ritrovarsi a ridere tra noi per sputare su qualcuno che ci gira attorno. Questa gente che sta qui non capisce assolutamente nulla, non si rendono nemmeno conto di non contare niente, e soprattutto non capiscono neppure che uno come me se vuole può fare esattamente quello che gli pare e piace.
            L’altro mi guarda, certe volte addirittura mi chiedo cosa stia pensando, o dove mai lo abbia conosciuto, però è un mio amico, certo, e per questo lui pensa esattamente tutto ciò che penso io, siamo fratelli, perdio, tutto quello che ci viene in mente dobbiamo assolutamente condividerlo. Cosa stai facendo?, mi chiede invece. Devo pisciare, gli dico, perché, ti pare che non possa? La mendicante è piegata davanti a me a chiedere elemosina, è evidente che è disposta a prendere di tutto, persino questo, se mi va, così le piscio addosso, non è neanche uno scherzo, è soltanto quello che si meritano tutti gli stronzi che se ne stanno in giro in un paese merdoso come questo.
            A me il biglietto per il treno lo hanno pagato per venire fino qui, altrimenti non ci starei di certo, ma mica mi hanno chiesto di fare tanto il bravo ragazzo e di trattare la situazione con i guanti. Dobbiamo scaricarla un po’ di questa adrenalina, fratello, è tutta qua la verità. Carichiamo dentro di noi un sacco di nervosismi per un gran mucchio di tempo, dobbiamo scaricarci, questo è il punto, oppure credi che mi sbaglio? L’altro mi guarda, ride, forse anche a lui gli va di pisciare su qualcuno. Ci sarà sempre qualche stronzo che ti ripiglia col telefonino, gli dico, così ti fai subito una tua reputazione e nessuno ti rompe più le palle. Anche perché se non vieni qui a fare un po' di casino, mi dici tu cosa ci vieni a fare?
L'altro adesso sta in silenzio, mi sa che vorrebbe dirmi qualcosa di stupido sul calcio, sul fatto che allo stadio non siamo neppure riusciti a fare tutto quel casino che ci andava. In questo caso gli risponderei che forse ha anche ragione, ma tirare fuori i bastoni e rompere qualche testa è un po' pericoloso quando ci sono in giro tutte quelle scimmie con i mitra e i giubbotti antiproiettile. Non conviene fratello, dammi retta. Piuttosto ce ne andiamo a zonzo una volta finita la partita e combiniamo qualcosa tanto per non farsi dire dietro che siamo venuti qui a non fare nulla.
Invece l'altro si ferma, si guarda in giro, pare abbia qualcosa in mente, e magari vorrei dirgli quualcos'altro che mi passa per la testa, ma adesso che ci penso non so neppure come si chiama, anche se è chiaro che è un mio amico, lo so, perdio, è assolutamente mio fratello. Lui prende qualcosa da terra con indifferenza e me la tira addosso, per gioco, senza troppa forza, tanto per dimostrarmi forse di qualcosa che lo convince più del resto; così prendo anch'io una bella pietra, più grande della sua, e la tiro subito con forza contro una stupida statua che hanno piazzato qui al bordo della strada, quasi ci dovesse far piacere questa sua stupida presenza di marmo bianco.
Non ci vuole molto, iniziamo tutti a tirare qualcosa a questa donna di pietra, fredda come tutte le donne che non ci piacciono per niente, e qualche scheggia viene via, qualcosa si rompe, finalmente. Alle sirene si scappa tutti verso qualche parte nascosta, ma io ritrovo subito il mio amico, tento di abbracciarlo tanto per dare importanza a questo attimo, ma quello mi sfugge, sembra pieno di ritrosia, perciò lo fermo per un braccio, lo costringo a guardarmi, a darmi qualche dritta per capire: che cosa c'è, gli chiedo, anche se non ricordo più neppure come diamine si chiami questo tizio che è da tutto il giorno che sta dietro di me; ma come sarebbe, perdio, gli fo, non dobbiamo più neppure considerarci quei fratelli che eravamo sempre stati?


Bruno Magnolfi

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