Certi giorni sembra sia difficile
persino stare fermi e seduti alla solita scrivania, a compilare i modelli e le
schede di sempre, mentre sullo schermo ci scorrono davanti agli occhi colonne
di nomi che a malapena riusciamo ancora a distinguere, inseriti nel tempo per
ordine alfabetico, per tipo di polizza, per scadenza, per forma di pagamento,
per puntualità, per abitudini, per inclinazione, e chissà ancora per quanti
altri motivi, visto che sul programma restano ancora decine di campi del tutto
vuoti, ma che potremmo rendere attivi se solo riuscissimo ad avere delle altre
informazioni ancora più personali sui clienti che abbiamo. Sono Torrini, e come
ogni giorno inserisco con diligenza quanto sta nel mio dovere di impiegato
ordinario, ma in certi casi non so nemmeno dove trovare tutte quelle forze che
servono, oppure quel briciolo di entusiasmo che sempre ci vuole per mandare
ancora avanti le cose.
Lo stipendio è fermo da vari anni,
non si è mai vista nessuna possibilità per fare carriera, e qualsiasi idea
migliorativa sul lavoro spiegata da noi che ci occupiamo di certe cose ai nostri
dirigenti, viene regolarmente abortita con qualche risata o peggio con
un’indifferenza umiliante, salvo ritrovarne più avanti, in mezzo alle cose di
sempre, una qualche camuffata variante. Tra gli ufficetti coi vetri ed i lunghi
corridoi della nostra sede, sembra che il tempo ogni giorno si prenda quasi una
sosta, per poi lasciarci ritrovare regolarmente con i colleghi davanti alle
macchinette per il caffè, a ridere spesso con evidenza di qualcosa di sciocco,
ma certe volte più velatamente anche di qualcuno che magari sta proprio lì in
mezzo a noi, e che sembra il bersaglio di turno perfetto per tutti gli sfoghi
che servono.
Non c’è mai stata una vera solidarietà
tra gli impiegati in questo settore, salvo mostrarsi del tutto finti
trattenendo l’invidia di fatto evidente quando qualcuno di noi va in pensione,
oppure al momento in cui facciamo ampio uso delle solite identiche parole di
sempre quando a qualcuno arriva un lutto in famiglia. Qualche volta ci
guardiamo in cagnesco l’un l’altro, ma anche questo atteggiamento alla fine dura
ben poco: troppa fatica stare contro qualcuno, perlopiù è sufficiente limitarsi
a qualche battuta sagace quando l’occasione ne fornisce la possibilità, ma altrimenti
va bene anche niente. Si lascia scorrere il tempo, misurandolo generalmente con
il metro delle varie stagioni che qui si rincorrono, e per il resto
naturalmente si tenta sempre di essere più furbi degli altri, ed approfittare
immediatamente di qualche situazione favorevole quando raramente questa ha la grazia
di presentarsi.
Corrado Renai, il mio collega
diretto, riesce ciclicamente ad inguaiarsi in qualcosa, che poi tradotto in
concreto vuol dire soltanto per lui bisogno immediato di soldi, piccole cifre
generalmente, ma che lo portano a divenire arrendevole e mansueto con tutti i
suoi collaboratori almeno in quei momenti, tanto da lasciarsi tranquillamente fregare
con dei piccoli prestiti che paga ad un prezzo degno quasi dello strozzinaggio.
Non è colpa di nessuno se lui è così, certi incasinamenti sembra proprio che se
li vada a cercare, ma in ogni caso è sicuramente una fortuna per il Renai avere
alle spalle dei colleghi che in certi casi lo sanno aiutare; ed in certe
giornate lo trattano proprio quasi fosse un amico.
Bruno Magnolfi
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