Tutti proseguono più o meno a
sostenere che io adesso dovrei assolutamente uscire da qui, anche perché
secondo loro non ci sarebbe proprio niente di cui preoccuparsi, anche se io pur
limitandomi ad ascoltare in silenzio quelle loro voci che neppure mi giungono
in modo molto rassicurante, resto comunque fermo dietro alla porta serrata di
questo spogliatoio in cui mi sono volontariamente venuto a rinchiudere, e dove
cerco in qualche modo di prepararmi per mettere insieme tutti i pensieri che
potrebbero tra non molto tornarmi necessari. Devo sostenere un esame, devo
affrontare una serie di quesiti, devo anche fidarmi di chi fra non molto vorrà
sapere praticamente tutto di me, della mia preparazione, come minimo, dei miei
modi generali di essere e di mostrarmi con gli altri. Ma io non mi sento del
tutto pronto, questo è il punto: non ritengo proprio di essere all’altezza di
quello che tutti tra un attimo vorrebbero sapere da me.
Scopro improvvisamente, guardando il
piccolo specchio appeso sul muro, che la mia faccia appare incomprensibilmente come
imbrattata qua e là in un modo casuale da una specie di densa vernice bianca, e
se questo da un lato mi sembra oltremodo strano, dall’altro non riesco neppure
a rendermi conto del motivo per cui io la veda così, considerando peraltro che
quel viso che adesso mi appare sotto questa pomata non sembra neppure essere il
mio. Apro una valigetta rigida in cui ho rinchiuso ultimamente parecchie delle
mie cose, ma scopro soltanto adesso che ogni oggetto di uso comune che ho
sistemato là dentro, a cui magari mi sento legato in varie maniere e per diversi
motivi, da ora in avanti mi sarà probabilmente del tutto inutile.
Qualcuno bussa ancora alla porta
spiegando con due parole che oramai mancano soltanto pochi minuti all’inizio,
ed io allora mi alzo subito in piedi sollevandomi dallo sgabello su cui sono
rimasto seduto forse per un tempo persino troppo lungo. O prima o dopo dovrò
uscire da qui penso, le uniche variabili che mi sembra da prendere in considerazione
è che io abbia davvero voglia di affrontare questo benedetto esame oppure no.
Prendo ancora un po’ di tempo come fermando qualsiasi riflessione, infine
faccio scattare l’apertura della porta, gli altri sembrano tutti improvvisamente
acquietati, e nessuno di loro in quell’attimo fa girare per primo la maniglia.
Lancio un’ultima occhiata allo specchio che mi osserva dallo spogliatoio, e mi
accorgo con un certo piacere che le chiazze di bianco sono praticamente sparite,
e che la metamorfosi della mia faccia in sostanza è già completamente avvenuta.
Esco, qualcuno mi guarda con
meraviglia e forse anche con qualche sospetto, ma io percorro risoluto tutto il
corridoio e mi presento immediatamente alle autorità che trovo sedute come
immaginavo al loro tavolo. Nessuno dei presenti ha niente da dirmi, ognuno di
loro osserva con attenzione solo le carte che si trova davanti, e dopo qualche preliminare
l’esame può pure iniziare. Va tutto bene penso, mentre cerco di concentrarmi per
rispondere alle loro domande; ma la parte essenziale dell'esame mostra delle
difficoltà sostanzialmente a portata di mano, gli argomenti sono piuttosto semplici,
ne riconosco immediatamente i fondamenti, sono del tutto superabili, non mi
pare ci siano grossi problemi: probabilmente in questa fase posso proseguire ad
essere una persona, riuscirò rapidamente a voltare anche questa pagina penso, ed
in breve tempo diverrà facilmente tutto più tranquillo e disteso, esattamente
come volevo fin dall’inizio.
Bruno Magnolfi