Fermo,
sotto ad una pioggia leggera ed invischiante, proprio identica a quella che sta
venendo giù insistentemente negli ultimi giorni, sotto ad una giacca forse persino
troppo larga, che in ogni caso a quell’epoca non era affatto della sua taglia,
con l’espressione come sempre enigmatica, senza alcuna definizione di stato
d’animo, lui mi appare davanti ancora una volta, appena provo a lasciare la
mente andarsene dietro ai ricordi e ai pensieri senza controllo. Ecco, questo è
tutto ciò che rimane di maggiormente importante di quel periodo estremamente confuso,
forse proprio come deve essere il groviglio convulso della giovinezza, quel momento
zeppo di idee e di voglie che molto probabilmente in seguito non troveranno una
vera risoluzione.
Dicevo
dentro di me: si deve pur trovare una maniera, anche se erano soltanto parole a
cui nessuno avrebbe mai davvero creduto, forse neppure io. Eppure si andava
avanti, si cercava davvero di fare, di mettere insieme i pensieri, di dargli
uno spiraglio di verità, disegnando i progetti sul niente, perché sapevamo che
li avremmo comunque tenuti sempre in memoria, e non ci sarebbe stato bisogno di
altro per renderli veri. Via, via da qui, da queste cose inutili che ci
sbarrano soltanto la strada, che ci rendono simili a chi non ci piace, a chi ci
vorrebbe costringere ad essere soltanto identici a loro: mummie di idee e di
necessità, che invece noi volevamo vive, libere, forti del nostro semplice
sentirsi forti, senza bisogno di altro.
Tu c’eri
sempre, eri con me, davanti, alle mie spalle, intorno ai pensieri ed ai sogni
da cui mi sentivo coronata. Imperfetto, certo, da migliorare, da cambiare completamente
forse, però lì, come un mito da rincorrere senza avere più fiato. Poi fu
sufficiente uno scossone; neppure: una semplice incomprensione, una
superficialità lasciata senza spiegazioni, quasi per un moto di opinioni date
come scontate, di pareri buttati nel mezzo e poi sostenuti ma quasi per semplice
indolenza. Quel piccolo pertugio che si fece appena in un attimo più grande,
fino a diventare un vero allontanamento, qualcosa che non avremmo mai creduto
possibile fino a pochi giorni più addietro. Forse allora tu mi cercasti, ma
sicuramente sbagliando i tempi; ed io a mia volta forse ti cercai, ma lo feci inevitabilmente
nel momento sbagliato.
Una semplice nuvola
di vapore di tutte le cose non dette e non fatte, e poi via, verso argomenti
senz’altro più radicati nei nostri rispettivi retroterra, senza quei voli
pindarici che in seguito abbiamo dovuto separatamente ridurre a stupide sciocchezze
di gioventù, che non avrebbero proprio portato mai da alcuna parte, che non ci
avrebbero permesso mai di trovare davvero la strada, che non sarebbero stati
mai in nessun caso gli spiriti guida a cui affidare, dopo appena una porzione
di tempo, le nostre vere esistenze.
Ed adesso
eccoti lì, che fa forte impressione saperti navigato in chissà quali mari in
tempesta, con la tua espressione rimasta esattamente la stessa, ed una faccia
da schiaffi che non potrebbe essere stata mai, per tutto questo tempo e per
tutti i problemi che il nostro separato percorso abbia certo dovuto affrontare,
qualcosa di diverso da quella che eri riuscito a costruire sopra al tuo viso:
una maschera vera, meravigliosa.
Bruno Magnolfi
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