Qualche
giorno fa sono passato davanti ad una palestra, e mi sono chiesto se non fosse
il caso di iscrivermi ad un corso, tanto per cercare di riempire i vuoti di
tempo che mi lascia il mio lavoro notturno. Mi sono fatto dare delle semplici
informazioni, e la signorina dietro al banco mi ha chiesto le generalità, così
le ho fornito sia un nome falso, che un indirizzo diverso dal mio, tanto per
sviare qualsiasi curiosità indesiderata. Pagata la quota in contanti, nessuno
mi ha fatto delle difficoltà, tanto che al primo appuntamento mi sono
presentato alla palestra con la mia sacca degli indumenti esattamente come
tutti gli altri, e sono subito stato trattato come uno qualunque.
Nessuno
mi ha più chiesto niente, e la sensazione di apparire esattamente come un’altra
persona in mezzo a tutti, mi ha fatto subito sentire a mio agio, come mi fossi
rifatto una verginità. Nello spogliatoio maschile poi, qualcuno parlava di
varie cose, e ad una battuta di spirito lanciata da un tizio a voce alta, il
mio vicino di armadietto si è voltato sorridendo verso di me, come a cercare
una certa complicità. Naturalmente non gli ho dato alcuna confidenza - almeno
per il momento mi sento meglio a stare sulle mie - anche se appare chiaro che prima
o dopo dovremo pur scambiarci qualche impressione reciproca. Comunque ho la
fortuna di poter variare facilmente sia gli orari, che i giorni settimanali di
frequentazione della palestra, perciò in questa maniera sarà più difficile per
me incontrare sempre le medesime persone, e con questo sistema posso restare,
nei confronti di coloro che incontro più costantemente, quasi un estraneo.
Il
mio lavoro di sorvegliante notturno invece prosegue come sempre, e dopo il furgone
parcheggiato di fianco allo stadio di calcio, che adesso però è sparito, non si
sono presentate molte altre novità. La palestra comunque riesce a rilassarmi, a
farmi spendere le energie e calmare il nervosismo che accumulo costantemente; e
poi anche solo tenermi lontano da casa il più possibile, per me è diventato un
comportamento quasi necessario.
“Ho visto che hai la macchina”, mi
ha detto qualche giorno dopo il mio vicino di armadietto, senza che ci fossimo neppure
mai presentati. “Mi daresti un passaggio per favore?”. “Certo”, ho detto subito
per non apparire scortese. “Vado verso la zona dello stadio di calcio, se a te
va bene”. “Si, più o meno”, ha detto lui; poi mi ha dato la mano spiegando di
chiamarsi Carlo, ed io mi sono presentato con il nome fasullo che avevo fornito
alla palestra. Ci siamo vestiti, abbiamo rifatto le nostre rispettive sacche,
poi siamo usciti insieme. Lui ha detto che era in corso uno sciopero dei mezzi
pubblici, ed io ho annuito.
Mi ha spiegato di lavorare in un
grosso laboratorio di elettronica, e che se mi fermavo davanti ad un caffè mi
avrebbe offerto qualcosa. Ho rifiutato per non dargli troppa familiarità,
chiarendo che ero già in ritardo per il lavoro, e lui fortunatamente non mi ha
chiesto neppure di che cosa mi occupassi. L'ho lasciato lungo una strada che mi
ha indicato, ha detto scendendo in quale giorno sarebbe tornato alla palestra,
ed io mentalmente ne ho annotato tutti i dettagli, proprio per evitare di
incontrarlo ancora, almeno in tempi troppo ravvicinati.
Però in fondo mi è piaciuto quel
ragazzo, ed alla fine devo anche dire che non mi ha posto neanche troppe
domande imbarazzanti, e questo senz'altro l'ho apprezzato, anche se questa è una
riflessione soltanto mia. Però devo impegnarmi comunque nel mostrare il
maggiore distacco possibile, ed evitare in questo modo di allacciare delle
amicizie: il mio lavoro ormai non lo permette, e per il momento non ho proprio
altre possibilità. In seguito poi vedremo: qualcosa dovrà pur accadere prima o
dopo, ed io sono certo che questa situazione presto si dovrà sbloccare.
Bruno Magnolfi
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