Ho bisogno di parlare. Di spiegare a
qualcuno il mio stato d'animo. Più mi guardo intorno e più mi rendo conto invece
di essere da solo, e di non avere la possibilità di fidarmi di nessuno. Sono
caduto in una situazione pazzesca, in cui svolgo un mestiere così pericoloso da
non poterne parlare con anima viva, e tale da farmi allontanare da tutti coloro
che sono miei conoscenti.
Persino il mio appartamento è
diventato un luogo poco sicuro, tanto che continuo a pensare di cambiare
velocemente abitazione, anche se non sono poi così convinto che una mossa del
genere possa servire davvero a qualcosa. Le mie azioni sono tutte sicuramente
controllate, e in una fase come questa se sbagliassi qualcosa la pagherei
duramente.
Per assurdo il posto dove mi sento
maggiormente a mio agio è proprio sul lavoro. Sto fermo nel parcheggio dello
stadio e segnalo per messaggio sul cellulare tutte le macchine che si fermano da
quelle parti, compreso il furgone dell'emittente televisiva parcheggiato oramai
da settimane a fianco delle tribune e in modo da non procurare fastidi.
Per tutto il tempo che io resto in
quei paraggi a svolgere la mia attività, reputo che niente mi possa accadere.
Non mi lascio andare a sonnecchiare neppure per un minuto durante tutta la
notte, e continuo ad inviare le segnalazioni che servono, ogni volta che ce n'è
la necessità, mandando avanti il mio lavoro con scrupolo, senza lasciare mai
niente al caso.
Poi, quando torno nel mio appartamento,
praticamente dopo l'alba, le cose si fanno subito diverse. Potrei essere
avvicinato da qualcuno di un'organizzazione ostile a quella da cui sono pagato,
potrei senza volerlo aver pestato i piedi a qualche persona che conta, potrebbe
anche darsi il caso che io da un attimo all’altro non serva più ai miei capi, e
che comunque oramai io sappia troppe cose per lasciarmi libero di andare dove
voglio. Se mi metto a pensarci, le mie preoccupazioni aumentano, piuttosto che
lasciarmi più tranquillo.
Perciò cerco di svagarmi, di
liberare la mente da tutto ciò che in questo momento la opprime, ed il luogo
migliore, dove mi sento più a mio agio, è dentro ai centri commerciali, dove ci
sono talmente tante persone in una volta sola, da farmi credere facilmente di
essere una di loro, e di potermi perdere in mezzo a tutti dimenticando persino
chi sono. Così vago senza meta in mezzo alla gente ed in mezzo a tutte le
vetrine illuminate, senza peraltro che abbia nessun acquisto da fare, e mi
dimentico momentaneamente dei miei irresolubili problemi.
Quando rientro a casa, apro il
portone condominiale con grande attenzione, poi controllo fermandomi ad
ascoltare eventuali rumori lungo le scale del mio palazzo, ed infine, prima di
entrare nel mio piccolo appartamento, attendo un attimo fuori, una volta aperto
il portoncino, in modo da non chiudermi dietro l’unica via di fuga. La signora
del piano superiore mi ha visto l’altro giorno mentre facevo queste manovre, e
si è soffermata a guardarmi, incuriosita dal mio comportamento. Potrebbe essere
lei una di quelle persone pronte a tradirmi, ho pensato, magari proprio stamani
o più tardi; una di quelle che per qualche biglietto di banca è disposta a
spifferare delle informazioni su tutti i miei comportamenti, senza neanche provare
in seguito alcun rammarico: come una cosa normale, una cosa qualunque che si fa
quasi senza pensare, di quelle che si compiono sostanzialmente ad occhi chiusi,
e praticamente ogni giorno.
Bruno Magnolfi
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