“Ma certo”, hanno
iniziato a dire da un po’ di tempo i ragazzi giù all'officina dove vado qualche
volta a dare una mano, soprattutto per le pulizie. Loro vogliono portarmi per
forza in un locale che si dice qui in giro frequentino tutti, un posto naturalmente
dove si sta insieme bevendo la birra, che a me non piace neanche, ed il dottore
mi ha proprio proibito. Però loro insistono: “ma certo”, hanno detto più volte,
ed allora per farli contenti ho detto loro che andava bene.
Sul retro di questo
locale c'è uno spiazzo dove a volte si fanno volare dei piccoli modelli di
aereo, ed alla sera si possono comunque ammirare, anche se a quel punto
stanno tutti fermi e coi motori spenti, esposti in una lunga fila sopra una
mensola, dentro al magazzino della birreria. Noi ci sistemiamo tutti ad un
tavolo, ma io mi schernisco, non voglio bere niente, non fa per me dico, ma
quelli insistono e ridono. Si avvicina un tizio che dice una parola che neppure
capisco, ma lui mi batte una mano sopra la spalla come volesse qualcosa proprio
da me. Mi volto, ma solo per comprendere meglio ciò che sta dicendo
rivolgendosi direttamente verso di me, ma quello mi
dà subito uno schiaffetto sul viso. I ragazzi allora mi difendono, e gli dicono
subito di lasciar correre, ma quello insiste, sembra che ce l'abbia proprio con
la mia persona.
Due o tre allora si
alzano dal tavolo per prendere meglio le mie difese, ed anche io faccio così,
ma quello è un tipo grosso, li costringe subito a rimettersi nelle loro sedie,
e a me dà una spinta fino quasi a farmi cadere. Ho voglia di piangere, non ho
mai trovato una persona così in vita mia, vorrei proprio non essere venuto stasera
in questo posto.
Poi quello si allontana,
e tutto riprende velocemente un andamento più regolare, con i ragazzi che
spiegano adesso come in fondo non sia successo un bel niente, e che forse quel
tizio era soltanto un ubriaco in cerca di rogne. Adesso rido anche io, mi sento
rassicurato da loro, tanto più che i due di prima mi portano a vedere i
modellini di aereo, che a me piacciono molto, anche se mi sembra persino impossibile
come riescano davvero a volare.
Mentre torniamo nel locale
affollato, incontriamo però il tizio di prima, che mi si ferma davanti, con
fare minaccioso. Uno dei due ragazzi che sta insieme a me gli dice subito di
lasciarmi stare, perché io non sono del tutto normale, non posso difendermi da
solo, e così quello resta pensieroso per un lungo momento, ma poi se ne va. A
me non mi è piaciuta per niente questa cosa che gli hanno detto i ragazzi, però
va bene così, mi basta che non ci siano problemi.
Torno a sedermi tra
tutti gli altri, però adesso mi sento un po’ triste: lo so che mi vogliono bene
e fanno ogni cosa per non farmi sentire a disagio, però adesso capisco meglio che
io non posso essere del tutto uguale a come sono loro, e che forse anche questi
ragazzi hanno pena di me, magari soltanto perché non posso bere la birra come
fanno tutti quegli altri.
Poi ce ne andiamo, ed io
comunque sono contento, anche se non ho potuto bere con loro; forse sono stato un
po’ troppo poco di compagnia, ma a qualcuno viene in mente di dire che un’altra
volta potremo tornare, magari di pomeriggio, quando fanno volare gli aerei. “Ma
certo”, dice subito un altro, dobbiamo farlo per forza. “Va bene”, dico a
tutti, “verrò volentieri con voi, anche se mi dispiace un pochino, per non
poter bere la birra proprio come fate voialtri”.
Bruno Magnolfi
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