Se inizio a pensarci
mi sembra impossibile essermi ritrovato così, in questa situazione praticamente
inspiegabile, costretto a nascondermi, senza che riesca neppure a definire che
cosa mai potrà avvenire nei prossimi giorni. Continuo a dormire nei vagoni
ferroviari fermi sui binari morti nei pressi della stazione, insieme alla
fedele borsa sotto la testa, ed il piccolo rotolo di soldi dentro una tasca,
forte di potermi difendere all’occorrenza con la mia pistola sempre a portata
di mano. Non ho propriamente paura, però a qualcuno potrebbe anche venire in
mente di farmi uno scherzo, magari solo per vedere come reagisco. La cosa
migliore per me sarebbe quella di farmi un amico, dormire con lui in due sedili
vicini del treno, e darsi forza così l’uno all’altro. Ma non posso fidarmi di
nessuno: ho troppo da perdere, devo stare da solo, non posso assolutamente fare
altrimenti.
Durante la giornata mi muovo in mezzo alla gente
con il bavero della giacca sempre ben sollevato, e poi mi vado a nascondere generalmente
in qualche giardinetto. Ho trovato una mensa per i poveri che non ti chiede
niente in cambio di un piatto caldo: né un documento, e neppure il tuo nome.
Però ci vado soltanto qualche volta, e ad orari piuttosto sballati, per evitare
che qualcuno possa in seguito ricordarsi di me. Non è difficile sparire in una
città: si tratta di escogitare qualche accorgimento e comportarsi in maniera
che nessuno nutra dei sospetti sui tuoi modi di fare: naturalezza ci vuole,
nient'altro. La realtà quotidiana ci chiede sempre più di assumere un ruolo, e
quando ci nascondiamo dietro qualche piccola fandonia, dobbiamo riuscire ad
essere credibili, ad ogni costo, perché in questo modo si mette in gioco tutta
la nostra personalità.
Mi muovo lentamente, riflettendo che un giorno di
questi tutto si sistemerà, anche se non so perfettamente come. Voglio pensare
che le cose andranno a posto quasi per un indole propria, senza bisogno di rincorrere
dei risultati o delle conseguenze precise. Provo invidia per chi sembra non abbia
niente da perdere, e lascia che tutto scorra per conto proprio, senza alcun
impegno, come nell'indifferente attesa di un insperato colpo di fortuna. Non
saluto nessuno, neppure quelli delle associazioni caritatevoli che vengono ogni
tanto a farti delle domande: li evito, non ho bisogno di loro, so badare a me
stesso, e soprattutto sono soltanto un attore che manda avanti una recita.
Stasera mi è venuta voglia di passare almeno per un
attimo da casa mia, perciò sono andato fin nella stradina dove ho parcheggiato
la macchina, l’ho messa in moto, e poi mi sono avviato verso la mia abitazione.
Ho atteso a lungo che non ci fosse nessuno in zona, quindi ho preso le chiavi e
senza soffermarmi neppure un momento sono entrato dentro al portone del solito
palazzo. Senza accendere la luce condominiale delle scale, ho salito i gradini
in perfetto silenzio, e davanti al portoncino ho aspettato in ascolto di
qualsiasi rumore. Quindi sono entrato, ed ho acceso soltanto una lampada bassa.
Tutto sembrava al suo posto, nella stessa maniera come avevo lasciato le cose
diversi giorni più indietro; e stavo quasi per andarmene via, quando ho notato
a terra una matita, una semplice matita che, purtroppo per me, non doveva
essere lì. Qualcuno è entrato nel mio appartamento, ho pensato, e probabilmente
lo ha fatto in maniera estremamente professionale, frugando tra le mie cose ma
lasciando tutto ordinato, così come stava, a parte quella matita.
Poi sono uscito, senza minimamente soffermarmi,
tornando di fretta lungo la strada e salendo di nuovo sulla mia macchina
parcheggiata ad una certa distanza. Va tutto bene, mi sono subito detto, non
devo preoccuparmi di nulla: le cose torneranno prima o dopo ad essere normali;
perché in fondo è soltanto una questione di tempo.
Bruno Magnolfi
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