Maruzza arriva al
cantiere per primo. Disinserisce l’allarme, si guarda per un attimo attorno,
poi infila la chiave di sicurezza nella porta blindata, ed entra nella piccola
costruzione separata dai magazzini ed adibita ad uffici, accendendo le luci
interne ed esterne. Alle sue spalle, appena qualche minuto più tardi, arriva di
fretta il geometra, con il solito pacco di carte sopra le braccia, che subito
lo saluta, ma quasi di sfuggita, ed entra difilato nella sua stanza, con la
perenne sigaretta accesa che gli esce di bocca. “Tu non hai visto per caso la
mia borsa di pelle”, gli chiede facendo capolino nel corridoio dopo un minuto,
con il tono di chi non sta facendo una vera e propria domanda; e lui fa cenno
di no con la testa, anche se l’altro prosegue a guardarlo, in una maniera a dir
poco insistente. “Non ha importanza”, dice dopo una pausa il geometra, usando
un'inflessione della voce ancor
più particolare, come se il fatto dipendesse in
qualche misura dallo stesso Maruzza; “dentro non mi pare ci fosse alcunché di
importante”.
Trascorrono alcuni
minuti, poi iniziano ad arrivare alcuni operai, che entrano dal cancello
principale e si ritrovano tutti sul piazzale di terra battuta davanti al
magazzino principale. Hanno le mani sprofondate dentro le tasche, qualcuno
fuma, sembrano svogliati, ma soltanto perché nessuno ha ancora detto loro cosa
ci sia realmente da fare. Esce di fretta il geometra dall'edificio, mentre arrivano
gli altri, e tutti proseguono a darsi tra loro il buongiorno, alcuni allungando
anche qualche blanda battuta di spirito, ma subito, con poche parole, vengono incaricati
di mettere il carburante negli autocarri che servono,
e di allestire i macchinari da usare, caricandoli sopra ai pianali che
serviranno per affrontare la giornata lavorativa. Niente di particolare, qualcuno
inizia a mettere in moto i mezzi assegnati, ed altri a sistemare utensili e
attrezzi, mentre il geometra senza aggiungere altro rientra in ufficio.
“Guarda tu se va tutto bene”, dice
al Maruzza mentre transita dal corridoio, nello stesso momento in cui arriva dalla
porta principale anche il titolare dell'impresa. Lui allora esce, girella in
mezzo a tutti quegli operai indaffarati, quindi si ferma a controllare la
ghiaia, che improvvisamente gli sembra più grossa come pezzatura di quanto
dovrebbe. “È un po’ sporca”, gli fa il caposquadra come interpretando i suoi
pensieri, “ma per quello che stiamo facendo va bene anche così”. Maruzza
sorride e annuisce, in fondo non sa definire esattamente i parametri di
giudizio da adoperare, per cui si affida spesso a quello che dicono gli altri, almeno
quando riescono ad essere più convincenti. Rientra un momento per prendere i
fogli del piano previsto per la giornata, così ne scorre i dettagli trovando
tutto coerente e lineare.
Gli operai continuano a caricare
quanto dovrà servire nella giornata, poi iniziano a manovrare con i mezzi per
uscire dal recinto ed andarsene verso il loro luogo finale di lavoro. Maruzza
torna per un attimo sopra al piazzale e fa un cenno di saluto verso il
caposquadra seduto dentro al furgone degli utensili manuali. Quando rientra in
ufficio sa perfettamente che il titolare gli dirà tra un minuto di andargli
dietro in macchina il prima possibile, in modo da controllare ogni particolare,
così lui lo anticipa: prende le chiavi dalla rastrelliera, si piazza
sottobraccio l’intero faldone costituente le copie del progetto da portare
avanti, e poi saluta tutti con queste semplici parole: “vado con loro”.
Bruno Magnolfi
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