Il mio turno di
lavoro negli ultimi giorni termina all'alba, ed a quell'ora percorro le strade
di sempre per tornarmene a casa, fermandomi giusto per un caffè in qualche bar
lungo la via. Quindi parcheggio la mia macchina e poi mi avvio a piedi verso il
portone del mio palazzo, proprio quando mi accorgo, ad una distanza di alcune
decine di metri, che c'è un uomo di spalle, fermo come ad aspettare qualcuno.
Allargo la mia traiettoria e passo sul marciapiede di fronte, osservando con
aria distratta il mio cellulare. Quello si volta ma senza guardarmi in modo
diretto, io gli getto un'occhiata, e deduco che non lo conosco. Continuo a
camminare lungo una traiettoria casuale, ed esco di scena al primo angolo di
case che trovo. Rapidamente faccio il giro del caseggiato che ho accanto, poi
mi riaffaccio sulla strada principale, quel tanto che serve per vedere la
situazione.
L'uomo è ancora lì, indubbiamente mi sta aspettando
per qualche motivo, ma a me non va di trovarmi di faccia ad una persona del
genere. Sto fermo ben nascosto appoggiato ad un muro, poi prendo il telefono ed
invio un messaggio alla mia vicina di casa, una ragazza che conosco, solita ad alzarsi
presto al mattino per recarsi al lavoro. Le chiedo il favore di controllare
mentre esce da casa una persona che sembra stazioni davanti al portone, e lei
mi risponde che le va bene, con una scusa gli farà una domanda per capire le
sue intenzioni. Dopo cinque minuti mi squilla il telefono, è lei, mi dice di
rimanere in ascolto, poi scende gli ultimi gradini della scala condominiale e
arriva in strada, la sento distintamente che dice: “sta cercando qualcuno?”.
L'altro probabilmente si sente immediatamente scoperto, così dice di no, che è
lì per caso, e che se ne sta andando. La ragazza aspetta qualche momento, poi mi
dice riprendendo il telefono che è tutto a posto, e quel tizio se n'è proprio andato,
adesso ho via libera.
Ringrazio, poi aspetto un attimo, esco dal mio
nascondiglio ed entro rapidamente nel palazzo dove abito. Non c’è più nessuno
in vista, posso salire fino al mio appartamento, anche se non mi sento
tranquillo, perché è come se un campanello d’allarme stesse suonando direttamente
nella mia testa. Faccio le scale, apro la porta, e subito la richiudo alle mie
spalle. Anche la mia stessa casa non sembra più un luogo tranquillo, un posto dove
poter dimenticare i guai ed il mio lavoro. Mi siedo in un angolo ed inizio a
riflettere su come poter affrontare la situazione.
L’uomo sulla strada sicuramente è stato mandato dai
miei capi per qualche motivo che non può essere una semplice comunicazione.
Forse è un tizio che devo soltanto istruire sul lavoro di guardiano del
parcheggio, in modo da permettergli fra qualche giorno di sostituirmi. Oppure
qualcuno che vuole comprendere come vivo, come mando avanti le mie giornate. O
ancora un individuo che ne sa sicuramente più di me sugli strani traffici
intorno alla zona dello stadio, e mi vuol indicare i pericoli, mettere sull’avviso
rispetto a qualcosa che deve accadere; oppure uno che mi vuole minacciare per
qualche ragione che in questo momento non posso proprio sapere.
Non lo so, la faccenda mi sembra estremamente ingarbugliata,
forse ho persino sbagliato ad evitare l’approccio diretto con quest’uomo
enigmatico, probabilmente lo avrei dovuto affrontare con quanto aveva da dirmi,
senza pararmi dietro a dei sotterfugi. Tornerà, penso adesso, sicuramente; se
ci sono delle buone ragioni che lo hanno portato fin qui, si ripresenteranno
precise anche domani, o il giorno seguente. Ed alla fine dovrà pur dire, una
volta per tutte, quali siano i motivi che lo hanno fatto arrancare dietro le
spalle di uno come me, sempre disponibile a tutto, aperto anche a qualsiasi
critica, solare, come solo può esserlo uno che vive costretto generalmente a
lavorare di notte.
Bruno Magnolfi
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