Le giornate si
susseguono comunque. In certi casi mi sembra che tutto stia improvvisamente per
crollare, e che sfortunatamente io mi sia spinto troppo in avanti, fino a
raggiungere l’orlo di una specie di precipizio, oltre il quale niente sarà più
come prima, e l’andamento di tutte le cose alle quali ho fatto persino
l’abitudine dopo tutto questo tempo, sarà definitivamente stravolto. Invece non
è vero: la conseguenza di qualsiasi giorno è sempre un altro giorno simile, ed
all’ultimo momento molti problemi, come per magia, sembrano comunque
risolversi, o perlomeno procrastinarsi automaticamente, rinviando tutto a
chissà quando.
Tiro un respiro
profondo alzandomi dal letto, osservo le piccole cose che ho attorno, poi
decido che la danza, in fondo, anche oggi può riprendere inizio. Ho
probabilmente bisogno di una seria amicizia, di una persona per la quale
nutrire fiducia, anche se messa in questa maniera la cosa appare forse un po’
troppo egoistica. Non posso fare a meno di una vita sociale, io come tutti, per
questo credo che debba allentare la mia inibizione, la mia proverbiale
riservatezza, ed aprirmi con gli altri, fare qualcosa che mi accomuni a
qualcuno e mi faccia sentire una persona qualsiasi, molto più di quanto ho
deciso da sempre di essere con la mia ricerca perenne di solitudine.
Mi guardo allo
specchio mentre mi rado la barba, e non so neanche decidere che cosa sia meglio
per me. Forse serve semplicemente saltare un giro di giostra, inventarmi
qualcosa che mi porti rapidamente in una dimensione diversa da questa, dove chi
mi conosce possa meravigliarsi immediatamente del mio comportamento, ed in
virtù delle nuove condizioni iniziare a considerarmi davvero un suo simile. Il
punto è che non lo so di preciso cosa sia meglio affrontare in questo momento,
ma in ogni caso so che devo obbligatoriamente fare qualcosa. Adesso come ogni
giorno sono pronto ad uscire, raggiungere il mio posto di lavoro ed affrontare
come sempre il mio semplice dovere, perciò controllo l’orario e vedo che è
proprio il medesimo di qualsiasi altro giorno. Le azioni da compiere sono le
stesse, ciò che ho di fronte lo conosco perfettamente. Ma poi mi sdraio, chiudo
gli occhi, prendo il telefono e comunico con due parole che non sto bene.
È vero, rifletto, il mio stato di salute mostra indubbiamente
che qualcosa non va, e provo la necessità di avere cure urgenti, e so che al
più presto dovrò assolutamente affidarmi alla medicina, a persone che
riconoscono i sintomi, dottori che comprendono in un attimo quale sia la reale
situazione, e riescono a prendere adeguati provvedimenti. Forse è anche questo
il mio problema di fondo: non essermi mai fidato abbastanza degli altri, non
avere reputato all’altezza qualcuno che una volta o l’altra magari avrebbe
avuto semplicemente la possibilità di aiutami. Il capo del personale non dice
niente: per lui sono un numero, un impiegato qualsiasi in meno quest’oggi sul
posto di lavoro, così si limita a registrare la comunicazione ed infine chiude
la mia telefonata.
Mi torna alla mente soltanto in questo momento la
mia collega che non si è presentata all'appuntamento che avevamo fissato: forse
è così un po’ per tutti, penso adesso; ogni giornata alla fine è composta da tante
piccole disillusioni; bidonate che tiriamo a destra e a sinistra, a quello e a
quell'altro, con una completa indifferenza, proprio mentre naturalmente ne
riceviamo altrettante. Voglio essere così anche io, da ora in avanti.
Bruno Magnolfi
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