Quando la sera si fa avanti
e preparandomi per la notte tendo a spegnere tutte le lampade dentro le mie
stanze, resta generalmente sopra alle pareti una lieve penombra data dalla luce
dei lampioni lungo la strada di fronte, che riescono a far penetrare un debole
chiarore tra le tende e le persiane delle finestre. Ed è in quella semioscurità
che qualcosa, qualche volta, sembra come muoversi, magari senza che avvenga
veramente. Si avvertono anche dei deboli scricchiolii ogni tanto nel silenzio di
quell’ora; dei sottili rumori a cui normalmente non si darebbe mai alcuna
importanza, ma che in quei momenti appaiono come le tracce di qualcuno che in
punta di piedi e lentamente cercasse di spiare gli abitatori di questo mio appartamento,
mentre loro come me restano magari seduti per conto proprio. Abito da solo in
queste stanze, e certe volte trovo normale però lasciarmi suggestionare da
qualcosa che sembra insistere a volermi fare compagnia.
In qualche angolo senz’altro c'è una parte di me all’interno
di questa piccola casa, uno spiritello semplice e buono che autonomamente sembra
voler accompagnare con cortesia le mie serate, spingendosi certe volte a
seguire con remissività i miei piccoli problemi quotidiani, aiutandomi con la
sua presenza a tirare avanti come meglio può. In certi periodi mi è parso di
riconoscerlo spesso dentro l’immagine riflessa dello specchio, consegnandogli mentre
lo osservavo la mia stessa faccia mentre mi guardava da là dentro, ma conservando
al suo interno un diverso spirito; ed anche se da qualche tempo la sua presenza
si è fatta un po’ più eterea, meno concreta, nonostante io tenda comunque a
chiamarlo ancora come il mio fratello, ed invocandolo tutte le volte che ho
bisogno di un parere obiettivo e maggiormente svincolato da tutte le mie fisime,
so che lui c’è, da qualche parte, forse all’interno di un mobile o un oggetto.
Non è facile ritrovarsi soli, specialmente in qualche
occasione. Si ha bisogno di un commento, di un giudizio, di una parola che riesca
a trapelare da quel buon senso comune che spesso non è così scontato, e non
viene mai fornito con spontaneità. Cerco sempre di ascoltare quello che dicono
gli altri, anche quando parlano tra loro, e spesso mi ritrovo a formulare delle
supposizioni che vorrebbero essere confermate o smentite da qualcuno che non
posso essere io. Così mi restano dei dubbi, delle incertezze, dei quesiti non
risolti che da un anno all’altro mi accompagnano come una pesante eredità che
non credo neanche di meritare. Sul lavoro ci sono molti miei colleghi, ma con nessuno
di loro sono mai riuscito ad approfondire una qualche conoscenza: tutti
appaiono superficiali, disincantati, privi di qualsiasi interesse verso qualcosa
che non siano le solite chiacchiere scambiate soltanto per far passare il
tempo.
Non posso chiedere niente a nessuno: so già che tutti
mi prenderebbero ferocemente in giro, riderebbero di me, e in un attimo ogni
mia questione posta seriamente diverrebbe strumento nelle mani di qualcuno per
mostrarmi come lo zimbello agli occhi di tutte le persone che in qualche modo mi
conoscono; così devo rassegnarmi ad essere né più né meno ciò che sono, e
chiudermi sempre più in me stesso, anche se non lo vorrei proprio. Oggi quasi
sempre riesco ad essere tranquillo, nonostante queste mie consapevolezze: mi
guardo attorno, incamero dentro di me tutte le immagini che vedo, e le piccole
informazioni che indirettamente mi arrivano dagli altri. Poi rientro in casa
mia, dopo il lavoro, accendo le luci nelle stanze e scruto in giro se per caso
non ci trovi qualche novità. Non si sa mai penso, magari mio fratello ha
spostato qualcosa mentre ero via, o forse ha lasciato un semplice biglietto
sopra al tavolo: ti ho aspettato, potrebbe dirmi, ma poi si è fatto tardi.
Bruno Magnolfi
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