Non so, continuo in
questi giorni a guardarmi in tutti gli specchi che mi trovo in giro, oltre a
quelli che ho in casa; vado chissà quante volte nel bagno dell’ufficio dove
lavoro, ad esempio, proprio per ridarmi ogni poco una nuova occhiata, per assicurarmi
se in quei pochi minuti sia cambiato qualcosa, o se tutto paradossalmente sia ancora
rimasto come la volta precedente in cui mi sono guardato. Ci vedo sempre una
donna nel riflesso di tutte le superfici belle lucide dove mi specchio, una
femmina fatta e finita in quei lineamenti che peraltro dovrei conoscere bene; una
faccia da signora, la fisionomia di un viso uguale identico al mio, soltanto in
questo momento trasformato in quello di una donna che adesso può soltanto fingere
di essere un uomo, anche se mi pare impossibile che sia avvenuta proprio in me una
mutazione del genere.
Non sono mai stato un
effeminato, ed anche se non ho mai avuto un buon rapporto con tutte le donne,
mi sono sempre sentito un uomo a tutti gli effetti. I colleghi di lavoro non si
sono accori di niente, ma forse è soltanto perché loro mi conoscono da tanto
tempo, ed oramai non fanno più caso a certi dettagli. Sono andato nel negozio
dove generalmente faccio i miei acquisti, ed anche lì nessuno ha avuto niente
da dire. Forse fingono, ho subito pensato; probabilmente non è interesse di
nessuno rimarcare qualcosa che è già tutto stampato semplicemente sulla mia
espressione del viso, perciò non ho dato importanza all’opinione che possono
avere coloro che mi conoscono già.
Ho pensato, per
cercare una soluzione finale a questo dilemma, di andare da un ritrattista, un
pittore che potesse mettere sopra una tela un disegno realistico di quello che
vede quando mi guarda. Inizialmente ho immaginato di andare da qualcuno di
quelli che si sistemano vicino a dei monumenti importanti della mia città e
lavorano soprattutto con dei turisti di passaggio, ma poi mi è parso che il
tocco professionale e dettagliato che volevo dare alla cosa venisse in qualche
modo a mancare. Così ho cercato sopra gli elenchi dei pittori che copiano altri
quadri, ed alla fine mi sono imbattuto sul nome di in un artista che dalle proprie
caratteristiche sembrava proprio quello giusto. Gli ho telefonato quindi, ed ho
preso rapidamente un appuntamento.
Sono andato da lui di
mattina, quando la luce è migliore, prendendo un permesso dal mio lavoro, ed ho
trovato un appartamento elegante, con i soffitti alti e le finestre luminose,
ed ho subito seguito il pittore dentro al suo studio. Gli ho detto che si
sarebbe dovuto eseguire il lavoro in una volta soltanto, al più presto
possibile, proprio per rendere la mia espressione di quel momento, e che per
questo motivo era sufficiente un ritratto eseguito a carboncino, a mano libera.
L’artista si è mostrato d’accordo, ed ha capito perfettamente ch doveva
descrivere con i suoi tratti di matita esattamente ciò che vedeva, cercando il
massimo di fedeltà all’originale.
Non ha impiegato
neppure troppo tempo mentre io mi tenevo ben fermo, con la faccia rischiarata
da una luce morbida e naturale, cercando di non assumere nessuna espressione
particolare, i muscoli rilassati, alcun pensiero dentro la testa, lo sguardo
immobilizzato davanti alla mia persona. Lui ha lavorato senza dire neppure una
parola, senza chiedermi altro, impegnandosi al massimo in ciò che stava
eseguendo, e concludendo la sua tela all’improvviso, con un ultimo tocco qua e
là, spiegandomi che adesso avrebbe incartato il disegno finito senza farmelo
ancora vedere, e che io avrei dovuto guardarlo soltanto una volta da solo, in
casa mia, con tutta la calma possibile. L’ho naturalmente pagato, e poi soddisfatto
sono uscito da quel suo studio, ringraziandolo per la sua decisa pazienza e la sua
grande, perfetta, stupenda comprensione.
Bruno Magnolfi
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