Mi sono osservato di
nuovo nello specchio, e mi sono reso conto che la mia espressione non sembra
affatto cambiata, nonostante siano sopraggiunte delle importanti novità non
tanto nell’andamento delle mie giornate o nel mio aspetto fisico, quanto
all’interno di me, nella mia cognizione profonda delle cose. Ho deciso di essere
diverso. Insomma, di provare a cambiare tutto ciò che da qualche tempo mi
sembra ormai troppo fastidioso, superficiale, insopportabile. Credo che i miei
comportamenti da qualche anno siano andati piegandosi sempre di più verso
l’abitudine e l’ordinario, e all’improvviso tutto ciò adesso mi appare quasi inaccettabile.
Questa consapevolezza dovrebbe comunque rispecchiarsi in una faccia differente,
ho pensato subito, ma almeno per il momento non sembra proprio sia così. Anche
il mio specchio fedele, sempre pronto in altri momenti a suggerirmi una via,
dei comportamenti, alcune scelte da fare, adesso sembra inebetito, privo di
qualsiasi aiuto nei miei confronti, come inerte di fronte ai miei propositi.
La mia fino adesso è sempre
stata una giornata minima, dipanata in mezzo a poche cose, delle quali la
maggiore naturalmente è costituita dall'orario di lavoro da far trascorrere in
mezzo a quegli uffici dell’amministrazione pubblica. Se quando sono entrato per
la prima volta in quel grande palazzo non fossi stato spinto dalla situazione
del momento a svolgere questo mestiere, non so cos'altro avrei potuto fare,
penso ancora adesso, almeno certe volte. Non avevo mai coltivato una vera e
propria professionalità, ed ho sempre pensato che il lavoro dovesse essere un
orpello indispensabile ma marginale nella vita di una persona. Fino ad
accorgermi che invece non è proprio così. Qualcuno dei miei colleghi certe
volte finge ancora di ritenere la sua occupazione poco rilevante nella sua
giornata; ma di fatto soltanto trascorrere un sacco del proprio tempo sopra
quelle scrivanie, fa diventare tutti poco per volta come delle tessere di un
grande mosaico.
Per questo motivo
alcuni si fanno strisciare il tesserino di riconoscimento nella apposita macchinetta
da qualcun altro, e se ne vanno in giro liberi per i fatti propri, salvo
restare in ufficio in giorni differenti e rendere il favore a coloro che si
sono prestati a questo gioco. A me non interessa, anche se ne comprendo bene il
motivo di fondo, quello che imprime in tutti una larvata sofferenza per tutto
il tempo che buttiamo via tra queste scrivanie. Però io mi sento differente,
non starei bene ad allontanarmi dall’ufficio in orario di lavoro. E forse è
anche per questo che i colleghi mi guardano sempre con sospetto, perché sto
sempre un po’ al di fuori delle loro congetture. Anche quando si ritrovano
tutti alle macchinette del caffè a scherzare e a perdere del tempo, a me non
interessa mescolarmi con loro, nonostante certe volte venga deriso proprio per
questo.
Anche io, come tutti
comunque, non posso certo dire di ritenermi soddisfatto del mio posto di
lavoro, visto che a nessuno interessa particolarmente quello che svolgo o che
lascio indietro. Quando esco dal palazzo degli uffici però mi sento meglio,
libero, leggero, pronto per fare chissà cosa, salvo alla fine ritrovarmi ad
affrontare le stesse piccole stupidaggini di ogni giorno: fare gli acquisti,
pulire e tenere in ordine il mio piccolo appartamento, pensare alla cena della
sera; tutti elementi legati alla semplice sopravvivenza, almeno per uno che
abita da solo come me. Adesso vorrei provare ad essere un poco differente, e
magari solo aver pensato una cosa di questo genere mi fa già essere così.
Cambiare, è il temine a cui mi sto riproponendo di dar seguito, anche se il
magnetismo delle piccole abitudini è fortissimo, quasi non neutralizzabile.
Bruno Magnolfi
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