Poco tempo fa ho
ereditato una piccola scatola di legno. O meglio, mio nonno d'improvviso ha
avuto l'idea di farmi un regalo poco prima di morire, cosa avvenuta pochi
giorni dopo, senza peraltro che lui avesse dato dei segni particolari di
malessere prima della notte in cui, mentre placidamente dormiva, se n'è andato.
Il dono che mi ha fatto, oltre la precisa e quasi inquietante scelta di tempo,
potrebbe forse apparire una stranezza, soprattutto perché questa scatola di
legno, al momento in cui è giunta nelle mie mani, era assolutamente vuota,
tanto che mi sono subito sentito in dovere di metterci dentro qualche
stupidaggine di mia proprietà prima di appoggiarla su uno scaffale della mia
cameretta; però considerando che questo è un oggetto che per qualche ragione
lui ha sempre portato con sé nell’arco di quasi tutta la sua esistenza, ecco
che adesso ha assunto in questo modo un valore affettivo del tutto particolare
per me.
Un contenitore di aria,
ecco cosa rappresenta ai miei occhi; e se forse sembra un po’ poco, in realtà
basta essere muniti di fantasia per immaginarci dentro tutto ciò che si vuole.
Così ho pensato di riporvi all’interno delle fotografie, magari proprio quelle
poche di mio nonno che mi sono rimaste: lui ritratto in bella posa da giovane,
vestito da soldato, poi quando si è sposato con mia nonna, e ancora prima,
mentre lavora, un bracciante in mezzo a tanti come lui a quell’epoca, però con
uno sguardo particolare, una luce negli occhi che a me adesso appare del tutto
diversa da quella degli altri. Mi sono chiesto che cosa durante tutti quegli
anni avesse mai riposto mio nonno dentro quella scatola, che appare ancora
ruvida, di legno duro, con delle cerniere anche un po’ arrugginite, e tracce di
vernice verde che si è quasi tutta scrostata con l’andare degli anni. Forse i
pochi soldi che aveva, forse i suoi risparmi da giovane, come un piccolo tesoro
da custodire in qualche luogo nascosto.
Poi l’ho lasciata lì,
come un soprammobile qualsiasi, e non ci ho più pensato. Ma oggi mi è venuta la
voglia di guardarci ancora dentro, e come seguendo un’ispirazione, mi sono
accorto che il fondo all’interno è costituito da un foglio sottile di legno
della stessa esatta misura della scatola, ma semplicemente appoggiato alla
base. Aiutandomi con una lama, usando grande cautela e non senza difficoltà,
sono alla fine riuscito a sollevare quel rettangolo semplice, e sotto ho
scoperto un foglio di carta piegato, una lettera, ho pensato subito, qualcosa
di talmente prezioso da essere stato tenuto per chissà quanti anni nascosto là
dentro. La scrittura diceva così:
“Cara Maria, mi sento
disperato; ormai non posso più fare diversamente che seguire la strada che ho
intrapreso da subito. Però adesso non ne sono affatto contento, soprattutto
perché non potrò rivederti per chissà quanto tempo, e quando poi infine
giungerà quel momento, chissà quante cose nel frattempo saranno cambiate”.
Mia nonna si chiamava
Ada, quindi non era scritta per lei, e poi quella lettera non era mai stata
spedita, visto che era rimasta nelle mani di mio nonno. Doveva essere stato
qualcosa di veramente importante a spingere lui nello scrivere quelle parole,
anche se poi forse non aveva avuto il coraggio di consegnare la lettera o di
spedirla. Comunque quello doveva essere stato il segreto della sua vita, visto che
lo aveva sepolto dentro la scatola, anche se mio nonno aveva sempre saputo le
parole ed il messaggio che quella conteneva. Naturalmente ho subito rimesso il
foglio di carta al suo posto, e ripristinato la scatola esattamente com’era,
orgoglioso comunque di essere stato messo al corrente di un segreto lungo
quanto un’intera esistenza.
Bruno Magnolfi
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