<<Venga, signor Domenico, si
accomodi>>, fa lui con le sue maniere da piccolo topo che annusa l'aria
alla ricerca della pista più giusta. Mi siedo nel suo salottino dunque, Dino mi
ha accennato che presto avrebbe avuto bisogno di parlarmi, ed io ho creduto
bene di venire subito da lui, soprattutto per evitare di lasciar passare troppo
tempo in mezzo, tanto da fargli credere che non mi voglia interessare dei suoi
problemi. Poi però inizia col parlarmi dei suoi fiori e delle tante piante che
coltiva nel giardinetto, e di come si possono curare le diverse varietà, quali
stagioni prediligono, i suoi colori preferiti e così via, prendendosi in questo
modo tutto il tempo che desidera, visto che io non mi sogno neppure di
interromperlo o di mettergli fretta nell’esporre ciò che gli interessa farmi
sapere. Infine si decide a dirmi che dovrà subire un’operazione chirurgica,
niente di particolarmente grave, però lui dice che ha già iniziato a non
dormire bene la notte, e ad essere preoccupato fin oltre il dovuto. Con tutto
ciò mi spiega adesso che non vuole lasciare niente che sia fuori posto, e che
se i suoi cugini non hanno neppure un minimo di interesse per la sua salute, va
bene anche così, non sarà certo lui ad andarli a cercare, fatta eccezione
naturalmente per Angelica.
Soltanto a sentire questo nome mi
sento d’improvviso punto nel vivo, come se qualcosa di me riuscisse ad entrare
di prepotenza nella faccenda, anche se faccio finta di niente e proseguo ad
ascoltare. Si tratta di un argomento rimasto come in sospeso tra i miei
pensieri, ed adesso ritrovarmi a rielaborare tale materia senza immettervi
alcuna iniziativa personale, mi sembra quasi una scortesia verso lei stessa.
Corradino adesso mi chiede semplicemente, come norma di buon vicinato, di dare
giusto un po’ d’acqua alle sue piante, durante il periodo in cui lui sarà in
ospedale; casomai di dare anche un’occhiata generale al suo appartamento, che
resta di fianco a dove abito io, del quale naturalmente mi affiderebbe le
chiavi; e di guardare nella cassetta della posta se per caso il portalettere dovesse
consegnare qualcosa di urgente. <<Certo>>, gli dico di getto mentre
continua a parlarmi sorridendo ma evitando il mio sguardo; <<su questo
può stare tranquillo, non ci sono assolutamente problemi>>. Lui si
ammutolisce a questo punto, prosegue a sorridere, sembra che abbia ancora
qualcosa in serbo, ma che fatichi a tirarlo fuori. <<Angelica mi ha detto
che verrà a trovarmi quasi ogni giorno in clinica, e che spera durante le sue
visite di incrociare anche il mio vicino di casa>>. Adesso mi guarda
diritto, ed io improvvisamente mi sento intimidito, come se dovessi tenere
nascosta una parte di me, qualcosa che non so neanche io cosa sia.
<<Va bene>>, gli dico
recuperando la mia capacità di stare sull’argomento. <<Sarà un vero
piacere per me incontrarla, mentre verrò a farle una visita>>. Poi si
inserisce quasi per automatismo una pausa, così penso rapidamente ad un
elemento di razionalità, ed infine chiedo al signor Dino quanto tempo crede dovrà
rimanere come degente. <<Non molto>>, fa lui; <<in un paio di
settimane al massimo dovrei cavarmela, e poi non credo di andare incontro ad
alcun problema riabilitativo, anche se avrò bisogno di stare per qualche giorno
a riposo>>. Quindi si alza, prende sul mobile la chiave di casa da darmi,
che aveva già precedentemente preparato, e me la consegna con un gesto
impeccabile, come se mi affidasse il suo regno. <<Le scrivo su un
taccuino alcune piccole note di comportamento per le annaffiature e le altre
piccole cose>>, mi dice. <<In ogni caso sappia che apprezzo molto
il suo aiuto. Essere soli in certi casi è terribile, ed avere qualcuno a cui
affidare anche soltanto una piccola parte delle proprie preoccupazioni, è un
sollievo notevole>>.
Mi alzo, sistemo la sua chiave in
mezzo alle mie dentro ad un morbido astuccio da tasca, a dimostrazione
dell’importanza che riesco a dare alle cose, e quindi mi avvio nel piccolo
corridoio per tornare nel mio appartamento. Sulla porta lo saluto, e gli dico
con espressione il più possibile seria di stare tranquillo, così lui scuote la
testa sorridendo, ma senza aggiungere altro, poi attende che io varchi il
nostro comune pianerottolo, ed infine così sparisco ai suoi occhi, dentro casa
mia.
Bruno Magnolfi