Ci sono molte piccole
cose che possono dare il giusto senso ad una giornata qualsiasi, rifletto
mentre sorseggio il gusto neutrale di un bicchiere colmo d'acqua. Certe volte
addirittura mi perdo, mentre resto a riflettere dentro al mio piccolo
appartamento al terzo piano di questo caseggiato piuttosto anonimo,
nell'osservare con curiosità dalla finestra i diversi passanti che si muovono
lungo la strada di fronte, magari proprio mentre si soffermano a scambiare qualche
parola tra di loro, oppure quando in tutta fretta tirano di lungo perché sono
in ritardo. In qualche caso sembrano assumere buffe espressioni con la loro
faccia, in altri momenti muovono le mani come per prendere direttamente
dall’aria qualcosa che sembra comunque sempre sfuggirgli: forse è addirittura
il tempo, penso io, quello che tentano di afferrare, o magari anche le parole
adeguate ad esprimersi in maniera corretta, per spiegare giustamente il loro
pensiero del momento, come se da quello, in considerazione di quanto si
affannano a mostrare, quasi dipendesse in qualche modo la loro stessa
reputazione. Appoggio la fronte direttamente sul vetro, tiro un po’ dietro alle
orecchie i miei lunghi capelli, e poi mi soffermo a pensare su quanto sia difficile
essere esattamente come si è spesso desiderato. Non voglio ridurre tutto alle
sole vicende che stanno accadendo attorno a me o dentro di me, e neppure alle
decisioni che so di dover prendere fra non molto; vorrei avere adesso però
delle linee-guida più chiare da seguire, come sempre ho trovato ogni volta che
per me si sono stagliati degli orizzonti nebbiosi, e lasciare così, su di una
base ben definita, che ogni dettaglio si azionasse quasi per un automatismo in
grado di funzionare senza ulteriori interventi manuali.
Spesso mi è persino
capitato di agire senza alcuna necessità di pensare, adottando in quei casi ciò
che l'istinto pareva suggerirmi al momento. Ma adesso tutto è diverso: le cose
che mi trovo di fronte so che vanno ponderate con calma, è del tutto evidente,
avanti di provocare degli sbagli irrimediabili. Non sono neppure il tipo di
donna che non affronta le cose, anzi mi sono sempre distinta proprio per questa
caratteristica, però stavolta mi trovo in un certo imbarazzo. Praticamente mi
sento come se qualsiasi scelta mi ritrovassi ad indicare tra quelle che vedo
davanti, fosse in grado di portarmi irrimediabilmente verso l'errore. Suona il
telefono: è il mio cugino Corrado che si preoccupa di tenermi informata sulle
sue condizioni di salute, esattamente come gli avevo chiesto di fare. Le
analisi non indicano niente di buono purtroppo, e in ogni caso sembra proprio
che dovrà affrontare un periodo intenso di cure efficaci, che comunque può
svolgere direttamente a casa sua. <<Verrò da te senz’altro, lo stesso giorno in cui
inizi, per vedere come vanno le cose>>, gli dico senza riflettere altro.
Lui mi ringrazia, <<forse non ci sarà neppure troppa necessità, visto che
è già stato interpellato un infermiere>>, dice Corrado. <<Non
importa>>, faccio io; <<voglio essere presente ugualmente>>. Poi ci salutiamo senza neppure troppi
salamelecchi. Non so, da un lato sento di voler prendermi cura di lui,
dall’altro ne ho quasi paura.
Paura di provare di
nuovo quell’impotenza sotto a cui ho già soggiaciuto una volta, parecchi anni
addietro, quando mio marito mi ha lasciato
per sempre. Eppure sento che non potrò farne a meno: certo, soprattutto per l’affetto che mi lega a mio cugino,
ma anche per il mio bisogno personale di essere esattamente per lui l’appoggio che
sicuramente sta cercando, da solo come si ritrova. Infine devo affrontare me
stessa per trovare le giuste risposte che voglio dare nei confronti del suo vicino di casa, questo signor Domenico così bravo,
gentile, attento, che può essere per me, ma
naturalmente anche per noi, ed anche per tutta la nostra famiglia, un buon
amico, se lo vogliamo, e forse anche un sostegno, un alleato di questa
esistenza direi; oppure, con estrema semplicità, una
qualsiasi persona che ho avuto giusto il piacere di conoscere, e niente di
più.
Bruno Magnolfi
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