Dopo una
breve pausa, lei doveva dire: <<è colpa sua se ci siamo ridotti in questa
situazione>>; e questa era la battuta con la quale si lasciava risaltare
un certo fatto, anche con una punta di acredine nel timbro vocale di chi
parlava, ed indicando con un dito accusatorio il personaggio grigio e negativo relegato
in un angolo del palcoscenico, nel corso del singolo atto che stavano provando
per la fine del corso di recitazione. Ma non era facile addossare ogni responsabilità
su una persona sola, e lasciare che tutti prendessero di mira solo quella, come
se ognuno dei presenti riuscisse in questo modo ad alleggerirsi di qualsiasi altra
colpa possibile. Personalmente, almeno lei non era d’accordo con quel martirio,
e l’unica maniera che aveva per smorzare quei toni a suo parere troppo definiti,
era inserire una piccola incertezza dentro la sua frase, quasi un embrione d’incapacità
ad ergersi come giudice di qualcun altro. La loro insegnante aveva già
richiamato Laura su quel punto, per spingerla a mostrarsi più convinta di
quello che doveva stabilire, anche perché il suo gesto e le sue parole assumevano
subito in quella piccola trama un aspetto principale, come un perno attorno a
cui prendesse a girare molto di tutto il resto. Lei aveva riletto il copione prima
e dopo quelle parole, ma non le pareva affatto di aver torto: troppo netta era
la presa di posizione che le si chiedeva.
<<Non
mi pare corretto>>, aveva detto allora per giustificare in questo modo il
proprio comportamento; <<prendersela così con un personaggio minore che
in fondo ha soltanto manifestato delle indecisioni, forse qualche incapacità,
insomma solo delle mancanze, prive di una volontà precisa, e poi soprattutto solamente
un’inefficacia di comportamento>>. Era risaltato d’improvviso un momento
di silenzio, quasi una pausa carica di tensione, mentre ciascuno tentava di
riflettere su quanto stava emergendo, e l’insegnante, quasi presa alla
sprovvista, pareva raccogliere le proprie forze prima di inalberarsi a stabilire
che indubbiamente un testo era un testo, e nessuno a teatro poteva permettersi
di non condividerne la trama e i dialoghi, visto che ogni attore là dentro era
chiamato ad interpretare con la maggior aderenza possibile ciò che l’autore
scrivendolo aveva desiderato indicare. <<Laura>>, aveva quasi
gridato; <<se non te la senti di portare avanti questa scena, sei
padronissima di dirlo, anche se questo va indubbiamente a compromettere subito
anche tutto il resto>>. Poi era seguita così una nuova pausa, e Laura, concentrata
su quanto avrebbe voluto ancora dire, alla fine aveva abbassato lo sguardo e la
testa, come a mostrare il proprio tentativo di mettere, nella luce e nelle
intenzioni dell’autore, il personaggio che lei stava cercando di interpretare.
Ci saranno
altre occasioni per muovere qualche piccola critica al copione, aveva
riflettuto mentre riprendeva posto sopra al palcoscenico. Poi, tutti assieme,
avevano ricominciato con le prove, e quando la scena era giunta di nuovo a quel
passaggio cruciale, lei si era sforzata di definirlo esattamente così come le era
richiesto, mettendo da parte ogni parere personale. <<Bene>>, le
aveva detto l’insegnante quando avevano fatto un’interruzione, e Laura aveva subito
pensato che un’attrice vera dovesse mostrare la capacità di impersonare anche
dei ruoli che non le tornassero del tutto congeniali. Però la sua opinione restava
comunque inalterata, mostrando così la sfida, interna a sé stessa, tra l’interpretazione
e i sentimenti. Era tornata a casa, quella sera, assaporando ancora il senso di
amarezza che le aveva provocato quell’impossibilità ad essere più naturale, a
dimostrarsi priva di opinioni quando si trattava di mettere in scena un ruolo.
In ogni caso non era certo adatto per i suoi inizi comportarsi in modo sciocco:
aveva fatto bene, secondo il proprio parere, come prima cosa a mostrare un’opinione,
che può sempre essere utile, e poi a manifestare le capacità per superarla,
lasciandosi quindi prendere per mano da chi aveva pensato e scritto quel pezzo
di teatro. Così era tutto, pensava adesso: consapevolezza, pensiero critico, coscienza,
niente di diverso.
Quindi,
prima di andare a letto e prendere sonno, aveva riguardato per qualche minuto
quel copione, alla luce debole della sua lampada: lei non lo avrebbe scritto
esattamente in quella maniera; probabilmente c’era lo spazio per il dubbio, ci
poteva stare la possibilità di far emergere alcune opinioni differenti, e si
sarebbe potuto giocare di più su certe parole ambigue che spesso si mostrano
incapaci di definire un gesto, un ruolo, o un personaggio. Ma non era quello esattamente
l’ambito in cui mostrare tutte le proprie idee, questo adesso le era chiaro; e
la demarcazione che in casi come quello poteva venire a formarsi quasi
d’improvviso, era forse il segnale di un bisogno profondo di realtà e di
concretezza, della ricerca inarrestabile dei valori in cui si crede. Laura poi
aveva anche pensato, spegnendo quella luce, che il suo percorso probabilmente
non si stava mostrando così definito come aveva sperato fino a poco fa: in ogni
caso era la sua sicurezza di sé che ora iniziava a spingere in avanti ogni sua
mossa, e non ci poteva essere niente di sbagliato in tutto ciò.
Bruno
Magnolfi