Erano ormai adolescenti, i due
fratelli, quando, durante una sera in cui il papà, per ragioni di lavoro, aveva
tardato a rientrare in famiglia per la cena, la loro madre prese a raccontare
della vicenda in cui proprio lui, che all’epoca non aveva neanche vent’anni, si
era ritrovato ad affrontare una situazione veramente complicata, proprio mentre
svolgeva solo da poco tempo il mestiere di apprendista magazziniere presso un
grosso negozio che commerciava ferramenta, dove spesso i commessi dovevano
servirsi addirittura di alcuni piccoli carrelli elevatori per sistemare e
movimentare i materiali confezionati sopra agli scaffali metallici che in
pratica costituivano quasi tutto l'esercizio. Durante l’orario della pausa
pranzo, lui e la figlia del proprietario si erano seduti quel giorno ad
ascoltare la radio dentro al furgoncino che veniva tenuto sempre pronto per
essere caricato dei materiali all’imbocco della porta carraia, sul retro del
negozio. <<Con il muso della macchina rivolto verso l’esterno del
magazzino, loro due mangiavano un panino, e intanto chiacchieravano>>,
raccontava la mamma, <<quando all’improvviso la vettura iniziò a
spostarsi lentamente all’indietro, forse solo per colpa del falso piano della
pavimentazione, fino ad andare ad urtare i montanti delle scaffalature, senza
che loro due, all’interno dell’abitacolo, fossero stati capaci di azionare il
freno>>.
<<Gli scaffali allora si
accartocciarono su sé stessi>>, spiegava con impeto la mamma, <<ed
il materiale molto pesante sistemato sopra i piani andò a cadere di colpo sopra
al tettuccio del loro furgoncino, schiacciandolo fino a far esplodere tutti i
vetri dei finestrini. A parte qualche graffio dato dalle schegge, loro due non
si erano neppure fatti troppo male, ma gli sportelli purtroppo adesso non si
aprivano più, e per vostro padre e la ragazza era divenuto impossibile uscire
da là dentro, oramai oppressi dal peso degli articoli caduti, e trattenuti così
in una situazione del tutto assurda. Peraltro, in quei minuti, non era presente
né il titolare, né alcun commesso dentro a quel negozio, e per quanto vostro
padre e la ragazza fossero in forte difficoltà, non poterono far altro che
aspettare con pazienza il momento in cui qualcuno fosse venuto a
liberarli>>. Marco e Federico erano rimasti a bocca aperta ad ascoltare
quel racconto, e la mamma, se fino a quel momento aveva raccontato la vicenda
con trasporto ed emozione, adesso pareva presa all’improvviso da un moto di
pena, come se il finale dell’avventura fosse qualcosa di maggiormente triste,
difficoltoso persino a dirsi.
<<Dopo mezz’ora fortunatamente
era rientrato il proprietario, e subito aveva chiamato i Vigili del Fuoco per
liberare i due ragazzi, ma vostro padre, una volta fuori da quelle lamiere
tagliate prontamente con attrezzi adatti, continuava a balbettare non riuscendo
a esprimersi, come non avesse più la capacità di parlare correttamente con nessuno.
Fu accompagnato a casa, noi ancora non ci conoscevamo>>, proseguiva la
mamma, <<ma lui stette ammalato senza uscire dalla sua abitazione per
parecchi giorni, e poi la prima cosa che fece fu quella di licenziarsi da quel
posto di lavoro, perché non avrebbe sopportato, almeno così diceva, di tornare
tra quelle scaffalature pur ripristinate e messe maggiormente in
sicurezza>>. I due ragazzi continuavano ad ascoltare senza interruzioni,
ma a questo punto la mamma si era presa una pausa, ed abbassando gli occhi e la
voce aveva rivelato che lui, un tempo simpatico, gran parlatore ed estroverso
nei confronti di chiunque, da quel momento aveva assunto una profonda serietà
nei propri comportamenti, ed era stato lento e difficile farlo tornare a
parlare con gli altri normalmente. <<Si era rinchiuso in sé stesso, quasi
come ora, come non avesse più alcuna voglia di discorrere e di dar voce ai suoi
pensieri. Ecco, questa è la spiegazione del carattere un po’ chiuso di vostro
padre, la cattiva esperienza avuta in quell’occasione sfortunata>>.
I due figli erano ancora in silenzio
mentre la mamma finiva di dire le ultime cose, ma dopo un attimo, Federico, che
era già un po’ più spigliato del fratello, e considerata l’età minore poteva
permettersi di dire qualsiasi sciocchezza gli passasse per la mente, chiese di
colpo: <<Ma papà quindi è un pauroso, uno che non sa affrontare neppure
un piccolo incidente, se gli capita>>. Sua madre rise: <<non è
così>>, gli rispose subito, <<ma è come se quella vicenda fosse
stata per lui un trauma improvviso, di cui non ha saputo facilmente scrollarsi di
dosso tutte le implicazioni a cui ha dato seguito>>. Marco annuiva, forse
riusciva a comprendere meglio di suo fratello lo stato d’animo in cui si era
ritrovato suo padre, e magari adesso gli erano più chiari anche i tanti silenzi
in cui lui si immergeva spesso, persino quando era in casa con la sua famiglia.
<<Papà ha una cicatrice>>, disse all’improvviso quella volta,
rivolgendosi a Federico; <<forse adesso si è rimarginata, però ha
lasciato in lui un ricordo che risulta molto difficile da mettere alle
spalle>>; e la mamma annuì.
Bruno Magnolfi
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